Il teatro Ventidio Basso ad Ascoli Piceno si trova in pieno centro storico, davanti al chiostro della chiesa di San Francesco.
Con capienza di 842 spettatori e tipicamente neoclassico, il progetto di costruzione del teatro fu affidato nel 1839 ad Ireneo Aleandri, già progettatore del Teatro di Spoleto e dello Sferisterio di Macerata, in sostituzione di un edificio preesistente nel Palazzo dell’Arengo. Aleandri, tuttavia, abbandonò il progetto in corso d’opera per dissapori con la committenza e furono quindi gli ascolani Marco Massimi, Gabriele Gabrielli e l’architetto fermano Giambattista Carducci a terminare i lavori.
Mentre l’esterno è in raffinato travertino, l’interno è composto da un ambiente ovale con platea e quattro ordini di palchi, ognuno con 23 palchetti e un loggione a galleria: si tratta della sala storica più grande della provincia e terza delle Marche.
La storia di Ventidio Basso
La struttura è intitolata a Publio Ventidio Basso, politico di origine picena vissuto ad Asculum nel I secolo a.C., al tempo dei romani. Condotto a Roma in catene, con la madre, ancora bambino a seguito della sanguinosa conquista di Ascoli nell’89 a.C., in una battaglia che vide contrapporsi l’esercito romano a un’orda di ribelli Italici guidati dalla Lega Italica, in età adulta riuscì ad accumulare ricchezze nonostante le sue umili origini, a fare carriera politica e a intraprendere il cursus honorum, avendo oltretutto ricevuto una buona educazione.
Viene ricordato perché, oltre ad essere nominato console suffetto per volere di Antonio, venne notato e inviato in Gallia da Giulio Cesare e, in Oriente, fu artefice della prima vittoria romana sui Parti nel 39 a.C., popolazione che viveva nell’antica Persia, attuale Iran. Dopo la vittoria sui Parti, Ventidio decise di ritirarsi a vita privata e di allontanarsi dalla gestione della cosa pubblica.
Sappiamo che Cicerone lo criticò per i suoi modesti natali e sembrerebbe che fosse inviso a parte della cerchia intellettuale romana, che credeva che fosse arrivato a ricoprire ruoli importanti come quello di tribuno della plebe, di pontefice e di console solo grazie all’amicizia di Cesare: “Questo successo fu così inviso al popolo romano, memore del fatto che un tempo Ventidio Basso tirava avanti occupandosi di muli, che dappertutto per le strade della città si trovavano scritti questi versi: Accorrete, àuguri tutti e aruspici! È avvenuto proprio adesso un prodigio straordinario: quello che strigliava i muli è stato eletto console!” riporta lo scrittore e giurista latino Aulo Gellio nelle Notti Attiche.