Muor giovane chi agli dei è caro scrisse un commediografo antico di nome Menandro: Raffaello è uno dei principali maestri del Rinascimento e le sue opere sono conosciute in tutto il mondo, sebbene lo abbia lasciato molto giovane, all’età di 37 anni.
La vita di Raffello
Nato nel 1483 a Urbino, è considerato uno dei più grandi artisti rinascimentali, insieme a Leonardo e Michelangelo.
Perde la madre a soli 8 anni (e forse per questo il tema della Vergine, della Madre Celeste è ricorrente nella sua opera) e rimane orfano di padre poco dopo, all’età di 11 anni. Figlio d’arte, compie l’apprendistato a Perugia nella bottega del Perugino, ricevendo già diverse committenze da signori locali. Dall’Umbria, sentendo una sorta di richiamo, a 21 anni si avvia verso Firenze, per confrontarsi con una dimensione più centrale e con i modelli antichi. Arriva nella città fiorentina anticipato da una certa fama, volendo compiere una sintesi tra culture diverse come suprema incarnazione dello spirito rinascimentale.
La sua carriera lo porta poi a Roma: Papa Giulio II lo chiama ad affrescare le stanze papali. Tra ritratti di personaggi illustri, Madonne e soggetti sacri di vario tipo, in questo periodo realizza uno dei suoi più celebri dipinti, La Scuola di Atene e lavora, in Vaticano, al progetto della Basilica di San Pietro.
Muore nel 1520, secondo lo storico Vasari per una febbre dovuta a “eccessi amorosi”.
Le opere di Raffaello
Per essere morto a soli 37 anni, Raffaello ha lasciato una quantità incalcolabile di opere, anche perché inizia presto a dipingere, ricevendo le prime commissioni intorno ai vent’anni. Egli incarna a pieno titolo lo spirito del Rinascimento, che si basava su tre cardini: riscoperta dell’antichità, studio umanistico e valorizzazione della storia. Insomma, l’uomo e la sua dignità al centro, infinito e religione filtrati dal fattore umano, tema caro, secoli dopo, a un altro illustre marchigiano: Leopardi.
Nel pittore urbinate fortissimo è il tema della luce, come forte è il problema di fondere il bagliore dell’antichità con quello del nuovo mondo, cioè con Cristo e con il suo messaggio di salvezza e speranza. Il Cristo di Raffaello è sempre un Cristo-Sole, staccato dal sepolcro, che trasforma la realtà in qualcosa di più alto. Lo scopo è superare qualsiasi differenza tra mondo reale e mondo divino, tendendo ad una sintesi costruttiva attuata dosando luce e colore, come avviene nella Disputa del Sacramento dipinta a Roma: anche se la Chiesa storica sovrastata quella celeste, sono un tutt’uno.
Altro tema caro all’artista è quello del femminile e della Vergine: spesso le Madonne di Raffaello hanno in mano libri o altri simboli della cultura, intendendo la Vergine come metafora della conoscenza. La donna santa è considerata in chiave intellettuale, sintesi di visibile e invisibile, in una dimensione in cui il fantastico non è abolito, ma riportato al confronto con la natura.
La scuola di Atene
La scuola di Atene, oltre ad essere il testamento filosofico di Raffaello, è una celebrazione della cultura e del sapere umano. Voluto e commissionato da Papa Giulio II, si tratta di un grande affresco realizzato tra 1509 e 1511 nella Stanza della Segnatura nei Musei Vaticani.
In una perfetta accademia platonica sono rappresentati i grandi filosofi dell’antichità, come Eraclito, Plotino, Zoroastro, e i contemporanei. Tuttavia, obiettivo di Raffaello è ritrarre il pensiero in sé, più che il personaggio particolare, poiché ogni filosofo simboleggia una corrente differente, e a volte gli antichi sono raffigurati con le sembianze di uomini d’intelletto a lui coevi.
I protagonisti dell’opera sono dipinti al centro: Platone, che con un braccio alzato indica il cielo, riferimento all’Iperuranio, il mondo delle idee oggetto dei suoi studi, e Aristotele, che invece ha il palmo della mano rivolto verso il basso, metafora del suo interesse per la natura e l’esperienza reale. I personaggi sono eleganti, classici, il loro atteggiamento è misurato, come il chiaroscuro leggero ma che dà profondità e spessore alla rappresentazione, facendo risaltare gli uomini con i loro abiti colorati rispetto allo sfondo più tenue.
In questa magnifica opera, intento di Raffaello è celebrare la cultura classica e il papato come sua diretta filiazione. L’intera stanza doveva indicare i valori del bene, del bello ma anche della ragione (impersonata dalle statue di Apollo e Minerva nelle nicchie), unica via attraverso la quale l’uomo può arrivare a Dio.