ASCOLI PICENO – Akatar Mahmood, il pachistano che nel gennaio 2010 insieme alla moglie aveva rapito la figlia diciassettenne da una comunità di accoglienza di Fano, è stato rimesso in libertà con qualche mese di anticipo. La ragazza, all’epoca dei fatti, si trovava nella comunità dopo essere stata allontanata dalla famiglia. Almas – questo il nome della ragazza – aveva avuto accesi diverbi con i genitori per la sua volontà di vivere all’occidentale. Il padre, condannato a due anni e 4 mesi di reclusione – riferiscono oggi le pagine locali del Resto del Carlino -, è tornato libero dopo una sentenza della Corte di Appello di Perugia (a cui la Cassazione aveva trasmesso gli atti su istanza dell’avv. Mauro Diamantini), che gli ha riconosciuto un’attenuante e ha ridotto la pena.
I FATTI – Il pachistano aveva sempre detto che non aveva intenzione di rapire la figlia, ma solo di parlarle e di capire “perché non voleva stare con noi”. Anche la madre Aslaam era stata condannata a due anni, con pena sospesa e a seguito della vicenda, i due fratelli di Almas, un maschio di 16 anni (che era presente al momento del rapimento) e una ragazzina di 14 erano stati anche loro affidati a due comunita’ protette: il Tribunale dei minori prima e la corte d’Appello di Ancona poi avevano ritenuto i genitori inadatti a occuparsi di loro e farli crescere in un contesto di integrazione. Qualche mese più tardi, dopo vari ricorsi, e un percorso di riavvicinamento, sostenuto dai Servizi sociali del Comune di Senigallia, dove i Mahmood abitavano all’epoca, i due ragazzi sono stati restituiti ai genitori e tuttora vivono con loro ad Ascoli Piceno. Ma Almas, diventata ormai maggiorenne, è andata vivere da sola e non ha più alcun contatto con la sua famiglia di origine.