Con Avengers: Infinity War si fa sul serio. Sono passati esattamente 10 anni da quel lontano film che era il primo Iron Man con un redivivo e rischiosissimo Robert Downey Jr.
Dieci anni e una serie infinita di film e eroi: Thor, Hulk, Black Panther, I Guardiani della Galassia, Capitan America, Spider man, Doctor Strange…
Ora siamo giunti finalmente al capolinea, alla resa dei conti finale, allo scontro con il più malvagio, spietato e geniale villain dei cinecomics: Thanos.
Dalla nascita dell’universo, sei gemme elementari rappresentano i vari aspetti fondamentali del cosmo e chi riuscisse ad unirle tutte raggiungerebbe l’onnipotenza. Questo è in sostanza lo scopo del potente titano, con l’obiettivo di sterminare l’intero universo e farlo ripopolare per debellare la fame e la povertà.
Da un certo punto di vista Thanos è forse il cattivo più politico e con una sua idea (chiaramente del tutto sbagliata) per sconfiggere i mali del mondo: un genocidio imparziale, che non prevede distinzioni tra ricchi e poveri.
Gli Avengers e i Guardiani della Galassia dovranno cercare di fermarlo, ma come se non bastasse ci sono dalla parte nemica armate aliene e quattro letali “figli”, ognuno deciso a consegnargli le gemme dell’infinito.
I registi, i fratelli Russo firmano un film che ha tutto quello che finora era mancato agli altri Marvel movie: l’epica e lo spettacolo di scontri davvero impressionanti, con grande sfoggio di superpoteri.
Il villain interpretato da Josh Brolin attraverso la magia del performance capture era già apparso al termine del primo Avengers e brevemente in Guardiani della galassia. Ora entrerà finalmente in scena, prendendosi giustamente gran parte dei consensi positivi.
Thanos riesce a dimostrare una crudeltà ad alti livelli e una fragilità d’animo mai viste in un cattivo.
Nonostante il film possa essere più riuscito del previsto e forse il migliore della saga Marvel, esso arriva dopo altri titoli che vive di personaggi già definiti, ognuno con la propria storia, ma nonostante ciò ci stupisce riuscendo a farceli cogliere in una dimensione del tutto nuova (come la vera perdita) e rendendoceli umani e quindi anche degli sconfitti.