Sempre più spesso si parla dell’emergenza acqua, riferendosi con ciò alla situazione che vivono miliardi di persone sul nostro pianeta: quella, per l’appunto, di una totale assenza (o quasi) di qualsiasi forma idrica di sostentamento. Paesi dove tirare lo sciacquone può essere considerato un peccato mortale, tanto grave sarebbe lo spreco d’acqua, sono purtroppo una triste realtà.
Un gruppo di ricercatori dell’University of California – Irvine ha posto l’attenzione sull’importanza fondamentale del cambiamento radicale nel consumo idrico umano e sul potenziamento del riciclo delle acque di scarico. Il loro studio, pubblicato su “Science”, mostra tre tipologie di approccio inerenti al riciclo delle risorse idriche. Il primo riguarda la sostituzione, dove possibile, dell’acqua potabile con altre meno pure. Un esempio è Hong Kong, dove l’80% degli sciacquoni dei suoi sette milioni di abitanti funziona con acqua marina. Il secondo consiste nel riciclo delle acque di scarico, che vengono depurate e reinserite nel ciclo delle acque potabili, come dagli anni ’60 viene fatto in Namibia. Il terzo, fondamentale soprattutto per i Paesi in via di sviluppo, riguarda la riduzione degli sprechi, spesso causati dalla cattiva condizione delle tubature, che si calcola sia responsabile dello spreco di più del 50% delle risorse idriche disponibili. “Queste opzioni, complementari, ottimizzano le risorse di acqua potabile, sono applicabili ovunque e portano dei benefici sostanziali per l’ambiente”, concludono i ricercatori. “La loro adozione richiederà un cambiamento nei metodi con cui l’acqua viene ora ottenuta, utilizzata, gestita e prezzata”.