L’uretra maschile, per definizione, è una struttura tubulare che parte dalla porzione inferiore della vescica e dopo aver attraversato l’interno del pene, termina a livello della punta del glande aprendosi all’estero tramite l’estremità che prende il nome di meato uretrale.
“Chi deve ricorrere all’uretroplastica soffre della cosiddetta stenosi, ossia un restringimento del canale uretrale”, spiega l’esperto Giulio Garaffa sul suo blog. Il restringimento del canale uretrale comporta come conseguenza l’ostacolo per il flusso di urina o di liquido seminale con tutto ciò che ne consegue ulteriormente.
Se, ad esempio, la vescica non viene svuotata completamente, per il paziente aumenta il rischio di infezioni urinarie, che a loro volta, se non curate con tempestività, possono portare alla formazione di calcoli vescicali e a diversi gradi di danni renali. È per questo motivo, dunque, che si rende necessario un intervento di uretroplastica.
L’uretroplastica più idonea
L’uretroplastica è un intervento chirurgico che consiste nella riparazione del canale uretrale. Chi lo esegue ha diverse tecniche a disposizione, che vengono scelte di volta in volta a seconda delle caratteristiche della lesione – lunghezza della stenosi, causa, fistola, uretrocele, calcolo uretrale – e alle condizioni dei tessuti.
In alcune cliniche, tra l’altro, l’intervento viene assistito dalla robotica e i dati raccolti da uno studio realizzato nel 2016 su un campione di pazienti tra il 2006 e il 2014 hanno restituito dati assai confortanti sull’efficacia di questo tipo di operazioni.
L’operazione può essere effettuata in un tempo unico oppure in due tempi: in questo secondo caso, si tratta sostanzialmente di due interventi divisi da un intervallo di tempo variabile a seconda dell’evoluzione della patologia e delle condizioni del paziente. Lo stesso, viene informato prima dell’intervento, che lo stesso può avere come conseguenza anche un’alterazione della funzione erettile, dovuta alle curvature peniene iatrogene.
Tutti gli interventi di uretroplastica, comunque, prevedono la possibilità di effettuare un esame istologico di un campione dell’uretra, importante per evidenziare eventualmente la presenza di altre patologie che possono richiedere a loro volta terapie specifiche o nuovi controlli nel tempo.
Intervento e ricovero
La durata dell’intervento varia a seconda della tecnica chirurgica adottata – quelli eseguiti con l’ausilio dei robot durano tra i 120 e i 150 minuti, secondo gli ultimi studi – e del tratto di uretra interessato dalla lesione. Si va comunque da un minimo di 1,5 ore ad un massimo di 5.
A seconda della gravità della lesione, inoltre, l’operazione può essere effettuata in anestesia generale o loco-regionale. Da questo fattore dipende inevitabilmente anche la durata del decorso e del ricovero: da uno a tre giorni, cui seguiranno circa 15 giorni durante i quali al paziente viene consigliata cautela nei movimenti e l’utilizzo di slip aderenti per mantenere il pene in alto, ribaltato verso l’addome.