Dal report del ministero del lavoro sul terzo trimestre, i rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono stati meno di quelli cessati; i numeri parlano infatti di 406.691 assunzioni stabili (-18,7% sul terzo trimestre 2015) e 483.162 cessazioni di rapporti fissi (-3,2%), ma cosa non ha funzionato nel job act?.
In sintesi sono cresciuti i licenziamenti e si sono ridotte le dimissioni, ma sono cresciuti soprattutto i licenziamenti per ragioni disciplinari. Tale aumento è stato registrato dall’Inps, causato non tanto della legge ma dall’abuso che ne viene fatto. In un anno i licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo sono passati da 36.048 a 46.255, con un aumento appunto del 28 per cento. Intanto molti lavoratori che hanno perso il posto di lavoro mentre erano in malattia o per contestazioni senza prove, chiedono aiuto ai sindacati e i tribunali si riempiono di ricorsi.
Per gli assunti con il vecchio contratto a tempo indeterminato, in questo caso vale l’articolo 18 che prevede reintegro e risarcimento fino a 12 mensilità.
In aziende medio-grandi in crisi, nelle situazioni nelle quali prima si cercava una mediazione, adesso il datore di lavoro è più portato a licenziare perché dispone dello strumento tecnico per poterlo fare.
Nel decreto – ricordiamo – sono contenute delle modifiche all’Art. 18, sulle modalità di licenziamento, a partire dall’esclusione della reintegrazione dei lavoratori nei licenziamenti economici e dalla limitazione in caso di quelli nulli e discriminatori, fino alla previsione di termini per l’impugnazione del licenziamento e all’indennizzo economico certo in relazione anche all’anzianità di servizio.
Cgil e Uil hanno raccolto 3,3 milioni di firme con l’obiettivo di ripristinare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, cancellare i voucher (ribattezzati dal sindacato «la nuova frontiera del precariato»), riesumare la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante, in caso di violazioni nei confronti del lavoratore.
Si spera che il nuovo governo possa essere in grado di ripristinare lo statuto dei lavoratori e cambiare i contratti indeterminati a tutela crescenti, con le nuove regole sul licenziamento, che limitano parecchio le possibilità di reintegro in caso di licenziamento ingiustificato. Chi invece era già assunto prima del 7 marzo 2015, data in cui è entrato in vigore il decreto applicativo del Jobs Act, mantiene tutte la protezione del “vecchio” articolo 18.
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