ASCOLI PICENO – La legge Cirinnà è norma dello Stato. Anche ad Ascoli, dunque, chi vorrà potrà unirsi civilmente con una persona dello stesso sesso e, all’anagrafe di via Giusti, vi sarà chi raccoglierà la dichiarazione degli interessati. Il sindaco Guido Castelli, però, avvisa tutti: “Eviterò di farlo personalmente per una questione di coerenza e di coscienza”.
LE DICHIARAZIONI DI CASTELLI – “Non ho nulla contro gli omosessuali e sono sempre stato favorevole ad un riconoscimento di diritti e tutele ispirate al principio di reciprocità affettiva. – ha esordito il pino cittadino ascolano – Al contrario ho molto contro la Cirinná: una legge scritta male e per certi versi paradossale. Come nella parte in cui ammette la ‘bigamia’ tra i sottoscrittori di unioni. Oppure laddove introduce una ‘burocrazia degli affetti’ di cui davvero non si sentiva il bisogno. Con l’entrata in vigore della legge, si conteranno nel nostro ordinamento 5 possibilità diverse per vivere un legame sentimentale: la convivenza di fatto (etero e omo); la convivenza registrata (etero e omo); la convivenza registrata con convenzione (etero e omo; l’unione civile (solo omo); il matrimonio (solo etero). Insomma un concetto di famiglia a tutele crescenti che non tarderà a produrre contenziosi infiniti e alimentati diuturnamente dalla fantasia degli avvocati. – e prosegue – Ma c’é qualcosa di peggio: la legge Cirinnà al comma 20 delega di fatto ai magistrati la questione più spinosa. Quella della genitorialitá omosessuale che verrà interpretata, caso per caso, dai tribunali italiani. Ciò almeno fino a quando, Dio non voglia, la legge 184 sulle adozione verrà modificata nel senso di riproporre quella Stepchild adoption che di fatto legittima la pratica dell’utero in affitto”.
AL PD – “Le amministrative solo alle porte e il premier ha bisogno di consenso, soprattutto in un mondo progressista orfano di un bagaglio identitario post comunista che non sempre si identifica nella politiche genziane. – ha commentato Castelli – Certo sarebbe auspicabile che il nostro Parlamento – oltre a riconoscere i diritti degli omosessuali desiderosi di formalizzare la propria unione ( qualche decina di migliaia) – farebbe bene a introdurre misure straordinarie in favore di quei 27 milioni di unioni eterosessuali che a causa della crisi si trovano a dover affrontare a mani nude i rigori della crisi. Auspicabile e doveroso ma di questo, almeno negli atti parlamentari, ancora non vi è traccia”.