La scintilla che ha spinto centinaia di persone a recarsi fisicamente presso il muro più famoso del ventesimo secolo, con la chiara volontà di abbatterlo, fu un annuncio che avrebbe permesso di viaggiare. Questo volevano i cittadini della DDR, viaggiare. Lunghe code si sarebbero formate in seguito alla caduta del Muro sulle strade della Repubblica Democratica, giovani e anziani desiderosi di conoscere cosa c’era al di là della cortina di ferro.
LA CADUTA DEL MURO – Sulla scia dei focolai rivoluzionari dell’Est Europa, la Germania avrebbe avviato il suo processo di riunificazione. La DDR era ormai diventata una grande madre asfittica che non lasciava scampo ai suoi figli, costantemente controllati e omologati a una vita anacronistica e improntata a uno stillicidio esausto ed esaurito. Prima le manifestazioni a Lipsia, la città di Bach sede della Stasi, poi i primi sommovimenti a Berlino. Quando il ministro della Propaganda Günter Schabowski dichiarò, in una surreale conferenza stampa, che i suoi concittadini erano da quel momento liberi di viaggiare, una massa di persone si raccolse nei luoghi di passaggio verso l’Ovest. Nemmeno le sentinelle del Muro erano state avvertite, e poco prima di mezzanotte già ventimila persone poterono varcare il confine. In tutti noi sono impresse le immagini che seguirono ai fatti del 9 novembre, persone con i picconi in mano che demolivano anni di storia.
L’ANNIVERSARIO – Berlino festeggia in grande stile il venticinquesimo anniversario del Mauerfall, lo slogan utilizzato e ripreso dai principali social network fall of the wall25 ( pagina facebook e twitter ) ha messo in contatto per pochi giorni i tedeschi e il resto del mondo, con l’obiettivo di condividere un sentimento e un ricordo significativi di quel giorno. Lungo la linea dove sorgeva il muro sono stati installati 8mila palloncini luminosi e su sei megaschermi viene proiettato il video Lichtgrenze – The Splitscreeen, 150 secondi realizzati dal regista Marc Bauder in omaggio alla città.
COSA RIMANE DI QUEL SIMBOLO OGGI? Poche settimane fa sono stata di nuovo di passaggio a Berlino. Attraversando Potsdamer Platz, illuminata dalle luci dei suoi grattacieli, è visibile parte del vecchio tracciato, riconoscibile dalla doppia fila di blocchetti di granito nel fondo stradale. Più a est, oltre Alexander Platz, la East Side Gallery e parte del muro con i suoi famosi murales. La sensazione è che la memoria sia diventata strumento per pubblicizzare, con un pizzico di sana alterigia, una città e un Paese che non hanno bisogno di apprendere lezioni di democrazia. “Noi ce l’abbiamo fatta” sembrano dire quei resti di muro che in realtà trattengono in sé la storia della maggioranza degli europei, nati quando ancora il mondo era diviso. Forse per questo motivo non poteva che essere la Germania a dettare legge nella nuova Europa. Un Paese che ha saputo ricostruire, innovare e indirizzare, senza mai dover emulare gli altri. Sta qui la sua forza e attrazione, nell’aver mantenuto i tratti caratteristici del suo popolo – das Volk così ricorrente, spesso con accezione negativa, nella Storia tedesca – coniugandoli con la spinta verso il futuro.
LA BANCA CENTRALE EUROPEA è diventato lo spauracchio dei Paesi del sud e la cancelliera Merkel viene considerata sempre più come la custode dell’austerità in Europa, tanto che da noi è stata più volte oggetto di attacchi rivolti da più parti tesi a rendere anodina la sua azione e autorità istituzionale. Nonostante la tensione evidente tra le due parti d’Europa, che sembrerebbe ri-creare una nuova divisione con l’aggiunta delle spinte nazionalistiche delle tante Regioni d’Europa, la Germania continua a essere il motore del vecchio Continente. Lo si avverte visitandola.
EST ED OVEST – Qualche settimana fa sono tornata a Lipsia, città simbolo della ex DDR da cui sono iniziate le proteste pacifiche che avrebbero portato alla disgregazione della Repubblica Democratica. A Est, scrivono anche i principali media italiani in questi giorni, non è stato ancora raggiunto il livello di benessere dell’Ovest. La transizione, insomma, non è affatto completata e sta portando, paradossalmente, a una nuova affermazione dei partiti di sinistra come die Linke. La sensazione personale è che le cose, semplicemente, funzionino. Basterebbe questo per mettere in secondo piano il fatto che i salari dell’Est non si siano ancora allineati a quelli dell’Ovest. La percezione è che tutto sia in movimento, con centinaia di antichi palazzi ristrutturati che ospitano giovani famiglie con figli, che nella maggior parte dei casi vengono aiutate tramite sussidi statali. Le cose funzionano perché si investe molto in cultura: case della musica, biblioteche e rassegne di cinema sono sempre strapiene e alla portata di tutti. Le cose funzionano perché le grandi case automobilistiche hanno deciso di costruire stabilimenti all’avanguardia in periferia. Da non dimenticare i grandi investimenti pubblici per la tutela ambientale e gli incentivi all’uso di mezzi pubblici e biciclette.
Sono ingiustificati alcuni atteggiamenti nostalgici di un mondo diviso da un Muro. Rappresentano una strada senza uscita, perché la critica ad un sistema istituzionale e politico non può prescindere dalla visione comune sul futuro dell’Europa. Se è vero che il caso della Grecia è sintomatico di qualcosa che non funziona nel cuore dell’Europa, è altrettanto vero che allontanarsi da essa significherebbe rendere concreto il pericolo di andare alla deriva, senza le adeguate protezioni contro un modo che sta cambiando velocemente. La caduta del Muro dovrebbe, quindi, rappresentare la spinta propulsiva al completamento di quel sogno di unità e pace che affonda le sue origini nelle macerie della seconda guerra mondiale. Il percorso è già stato scritto quel 9 novembre di venticinque anni fa.