Sono oltre 16 mila le adesioni alla campagna su Facebook “Un milione di Hijab per Shaima Alawadi”, l’iniziativa intrapresa per ricordare Shaima, la donna irachena uccisa a San Diego il 24 marzo. Sul suo corpo è stato ritrovato un biglietto: “Torna nel tuo paese, terrorista”. Il caso ha fatto scalpore negli U.S.A., anche perché preceduto da un altro ‘omicidio’, quello di Trayvon Martin, il 17enne di colore ucciso dalla guardia volontaria George Zimmerman. Trayvon è stato ucciso il 26 febbraio scorso, colpevole di apparire minaccioso con la sua felpa con cappuccio, e le autorità locali non hanno proceduto all’arresto della guardia, che ha sempre affermato di aver agito per legittima difesa. Le polemiche che si sono da subito scatenate per il mancato arresto sono già costate la testa al capo della polizia di Sanford, Bill Lee, e al procuratore Norman Wolfinger. Ma questi due episodi hanno fatto riemergere la questione razziale mai scomparsa negli Stati Uniti. La campagna per Shaima sembra allargarsi sempre più: negli ultimi giorni le organizzatrici hanno unito le forze con quelle di chi si batte per chiedere giustizia per Trayvon, anch’egli morto per un pregiudizio razziale. Così nelle università americane si stanno organizzando numerosi raduni sotto il nome “Hijabs and hoodies”, ovvero “Veli e cappucci”.
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