Capita spesso che per la distribuzione di un film straniero in America si renda necessario un remake di produzione Hollywoodiana. Altrettanto frequentemente ciò che ne risulta è una brutta copia, in cui si perde l’essenza dell’idea originale, in favore di una presentazione più sfarzosa. Funny Games rappresenta una valida eccezione.
Michael Haneke non si limita ad affidare il suo film austriaco del 1997 alle più ricche possibilità americane, ma clona letteralmente la sua opera in un remake shot-by-shot di cui è impossibile cogliere le differenze con la prima edizione. La storia è raccontata attraverso un’alternanza di piani totali e dettagli, con una camera che è protagonista e non semplice strumento, sovvertendo tutte le regole basilari del cinema, ed entrando direttamente in alcune scene, quasi a seguire uno stile da reality.
Nel copiare se stesso, Haneke si affida alle capacità interpretative degli attori per impreziosire il risultato finale, e aumentare quel senso di angoscia opprimente che pervade l’intero film.
Si comincia con una famiglia borghese che arriva nella casa al lago in cui ha intenzione di trascorrere qualche giorno. Marito e moglie (Tim Roth e Naomi Watts) che ascoltano musica lirica, bambino sorridente e cane tranquillo e silenzioso. L’ambiente è rilassante, il prato curato e una partita di golf è stata già organizzata per il pomeriggio. L’idillio viene interrotto dalla comparsa di due ragazzi vestiti di bianco e dalle facce pulite, venuti a chiedere delle uova. La loro garbata insistenza si tramuterà presto in un gioco sadico, e la famiglia sarà sequestrata per un crescendo di violenza senza senso.
“Perché non ci uccidete e basta?” – “Lei sottovaluta l’importanza dello spettacolo”.
Il film offre diverse chiavi di lettura, ma si tratta di sfumature sull’unico tema della critica alla spettacolarizzazione dell’orrore e del cinema in sé.
Haneke gioca, seguendo il gioco perverso dei due giovani, a creare un rapporto tra attore e spettatore che esuli dalla fruizione passiva e rappresenti una parvenza di interazione, con un effetto straniante e in bilico tra voyeurismo e presa in giro. Dal confronto con la produzione austriaca emerge la qualità di una recitazione che ne esalta il pathos e permette di apprezzarne maggiormente il valore.
REGIA: Michael Haneke
ANNO: 2007
GENERE: Thriller
DURATA: 111 minuti