Articolo
Testo articolo principale

La pena capitale è uno dei principi giuridici meno tollerante che esista. Secondo questo principio lo stato può decidere di togliere la vita, di eliminare chi merita di pagare per il reato che ha compiuto. Ma se lo stato può condannare chi uccide, perché si può assegnare il potere di fare lo stesso? Cesare Beccaria nel suo “Dei delitti e delle pene” espresse il suo personale parere sulla pena di morte dichiarando che utilizzandola, lo stato punirebbe un delitto commettendone uno a sua volta. “Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio”.

Ogni individuo che trasgredisce la legge viene punito con la convinzione che la pena possa essere da esempio per tutti gli altri condannati. Si dice che la pena di morte sia utile proprio per intimorire criminali a delinquere e a impedire o placare il rancore dei parenti delle vittime, ma tutto ciò provoca pareri discordanti nel mondo. Amnesty International dichiara che nel mondo ci sono ancora 58 stati che continuano ad applicare la pena di morte per reati gravi.

In Italia fu abolita nel 1889 durante il Regno D’Italia e reintrodotta durante il regime fascista nel 1930 con il codice Rocco. Infine fu definitivamente eliminata e vietata nel 1948. In Europa la pena di morte viene praticata ancora in ex Jugoslavia e in Bulgaria, è presente in quasi tutti i paesi asiatici, in alcune zone dell’America (Cile, Stati Uniti, Cuba). La Cina e il Giappone sono i paesi in cui la pena capitale viene praticata più spesso rispetto agli altri paesi e spesso le esecuzioni sono eseguite in luoghi pubblici in cui il malcapitato dovrà esporre al collo un cartello con su scritto il reato per cui è costretto alla condanna.