Tre persone collegate e infinitamente distanti, stagliate sullo sfondo del mare di San Benedetto del Tronto. Giulia è un’artista, e come tale concentrata su se stessa ed egoista, alla ricerca del proprio cuore, che tenta di materializzare in strani manufatti e bambole di fil di ferro arrotolato senza soluzione di continuità, così come i suoi desideri. Luca è suo figlio, quindici anni e un’adolescenza amara da affrontare, incompreso e desideroso d’affetto, ma incapace di esprimersi e di ascoltarsi. Infine Luigi, che potrebbe essere la versione adulta dello stesso Luca: solitario, oppresso da una madre che lo soffoca con un amore sbagliato, fatto di lamentele e ricatti, e silenziosamente innamorato di Giulia, che spia al lavoro nel suo negozio pieno di oggetti che esprimono il mare.
E proprio il mare, ancora lui, colora di verde-azzurro indefinito i contorni di questo triangolo chiuso, quasi una metafora del destino che stenta a compiersi ma che già predomina e incombe, finché qualcosa non arriverà a spezzare le linee già tracciate. Mariangela Falcioni riesce a raccontare le malattie di questi animi agitati con perizia e poesia, con una scrittura lucida ed equilibrata, con elementi quotidiani e rassicuranti, che aumentano il coinvolgimento del lettore e riescono a toccare corde profonde di forza universale.
Qual è il significato del titolo Malati di Fantasia? “Il titolo racchiude la chiave interpretativa del romanzo che si apre infatti con un prologo in cui vengono descritti i malati di fantasia, creature incapaci di dare controllo alla propria attività immaginativa, quasi fossero possedute da un eccesso di fantasia che le costringe a vivere dentro la loro testa e le condanna a non aderire mai all’ora presente. I tre personaggi principali del mio romanzo, un ragazzo di diciassette anni, sua madre e un uomo perdutamente innamorato di questa donna, presentano fin dall’inizio del romanzo tutti i sintomi della malattia: la quotidianità del loro presente si sfalda, dilatata da pensieri, ricordi del passato, sogni e desideri di future ricompense. Parole, questi personaggi hanno infinite parole dentro la testa, immaginate, pensate, evocate. Tutti e tre i personaggi, indipendentemente dalla loro età, sono dunque immersi in un’infanzia emozionale che sembra rendere inaccessibile l’ingresso nella vita adulta. Una ferita d’amore li ha costretti a regredire verso forme infantili di difesa dal mondo e il romanzo vuole raccontare il viaggio che ciascuno di loro compie dentro la propria anima per svelare a se stessi e al lettore quella ferita”.
Quanto è stato importante il mare e il panorama di San Benedetto nella composizione di questa storia, quasi intrisa dalla presenza del mare? “Quando ho cominciato a scrivere il romanzo vivevo a Bologna già da parecchi anni, eppure, nelle scene che si venivano costruendo nella mia testa e poi sulla carta, San Benedetto, con le sue palme e il mare, si imponeva, in modo naturale, come lo scenario in cui i personaggi agivano. Il paesaggio assume nel romanzo il significato di un luogo psicologico: il mare è lo specchio dell’anima dei personaggi, la sua superficie cangiante ne riflette il fluire di sentimenti ed emozioni, mentre nelle profondità delle sue acque è custodito il viluppo di desideri, paure, ferite che giacciono nel fondo della psiche. Per Luigi l’abisso del mare è il luogo dove vivono creature femminili misteriose e inaccessibili, per Luca è il luogo dove le parole non servono più e resta solo il silenzio, per Giulia è l’eco di un mondo perduto del quale non è più possibile respirare l’ossigeno”.
Oltre a quello del mare, altro riferimento molto importante nel testo è l’opera di Federigo Tozzi, che non solo entra nella storia, ma quasi rivive in uno dei personaggi, Luigi. “Federigo Tozzi è il mio maestro di stile, ha influenzato la mia scrittura ed è leggendo i suoi romanzi che ho ideato Luigi, sicuramente il più “tozziano” dei miei personaggi. Ho studiato le sue opere durante il lavoro di tesi in letteratura italiana, analizzando il modo con cui Federigo Tozzi riparò attraverso la scrittura al dolore vissuto negli anni dell’adolescenza, dominati da un padre aggressivo e autoritario. Mi hanno rapita i suoi personaggi, una schiera di figli non amati e condannati a restare per sempre bambini. Ho sentito allora il bisogno di raccontare la storia di Luigi, un uomo di quarantadue anni che vive con sua madre, legato a lei da un rapporto di ubbidienza e ribellione, incapace di accedere ad una sessualità adulta, innamorato di una donna che si limita a spiare, mentre cerca il suo destino dentro le pagine di Federigo Tozzi. Quella di Luigi è la storia di una metamorfosi impossibile, da bambino a uomo, da buono a cattivo, da inetto a capace, da malato a sano, o, come il personaggio stesso si definisce, da rospo a principe”.
La musica hip hop ha nel testo un ruolo fondamentale, risveglia l’animo dell’altro protagonista, Luca, e tra le altre cose gli insegna a lottare per affermarsi. Immagino sia un elemento autobiografico… “Mi sono avvicinata all’hip hop proprio mentre leggevo Federigo Tozzi, ascoltando dapprima Eminem e poi, come Luca, scoprendo e appassionandomi all’hip hop nero militante. Il rap ha destato la mia curiosità proprio per la forza con cui le parole si impongono all’ascoltatore, sfacciate, irriverenti, arrabbiate, rivendicando rispetto, dignità, diritti. E quelle parole mi hanno accompagnato durante la stesura del romanzo, rafforzando la volontà di esprimermi attraverso le parole, mentre di giorno mi consumavo in lavori precari, frustranti e mal pagati e di notte invece scrivevo. Attraverso il rap, nel romanzo, volevo raccontare anche questo: la forza della parole e la loro inconsistenza.
Qual è il messaggio che vuole comunicare con questo libro, illustrando le diverse forme di “malattia” dell’anima? “Nel romanzo i protagonisti vivono come un forte dualismo la differenza tra se stessi, malati di fantasia, e gli altri, i sani, quelli che sono diventati adulti. Tuttavia, come evidenziato nel finale del romanzo che ovviamente non svelo, questa distinzione non è così netta. Forse c’è solo una differenza di intensità o di consapevolezza. Credo che tutti noi siamo un po’ malati di fantasia, quando ci capita di confondere quello che c’è con ciò che vorremmo ci fosse o che abbiamo paura ci sia; chiusi come siamo ciascuno dentro il proprio guscio di pensieri, aspettative, ricordi, desideri, paure, speranze, incapaci di riconoscerci, incontrarci, comprenderci. Soli, come sono i personaggi del mio romanzo”.
Malati di Fantasia di Mariangela Falcioni
Edizione: www.ilmiolibro.it
Prezzo: 14.50 euro