Dopo l’intervento del presidente di Confindustria Ascoli Piceno Simone Ferraioli sulla oliva ascolana DOP e sulla gestione in materia del relativo Consorzio di tutela (l’articolo qui) , interviene, in replica, il presidente di quest’ultimo ente. Riportiamo integralmente il comunicato diffuso dal presidente del Consorzio di tutela oliva all’ascolana del Piceno DOP, Primo Valenti.
Oliva ascolana DOP: la replica di Valenti a Ferraioli
“Corre l’obbligo – si legge nel comunicato diffuso a firma di Primo Valenti – di ringraziare il presidente di Confindustria Ascoli Piceno, dr. Simone Ferraioli, perché le sue esternazioni, ricche di errori e imprecisioni, offrono l’occasione per fornire le informazioni basilari ed essenziali che, in tutta onestà, ritenevamo che Confindustria conoscesse già.
In materia di DOP e IGP, i Consorzi non sono obbligatori. Ma quando esistono e sono rappresentativi della produzione DOP, ricevono dal Ministero dell’Agricoltura l’incarico di tutelare la relativa denominazione protetta.
Gli anni di malagestio a cui il Presidente si fregia di fare riferimento vedevano presenti nel CdA le grandi industrie agroalimentari del Piceno, che ben avrebbero potuto negli anni dal 2007 al 2017 impiantare uliveti e certificarli come DOP. E avviare la produzione di eccellenza, come tutti si attendevano.
Ma, mentre in Veneto gli imprenditori hanno compreso che valorizzare la produzione agricola di eccellenza avrebbe portato benessere diffuso, come nel caso del Prosecco e dell’attuale elevatissimo valore ad ettaro dei terreni agricoli all’interno dell’area del disciplinare, purtroppo nel Piceno non si aveva la stessa saggezza e lungimiranza. E chi era nel CdA del primo Consorzio decideva di remare contro la DOP per dieci anni, senza impiantare neppure un ettaro di uliveto DOP.
Il Consorzio che umilmente presiedo è nato ex novo nel 2017 e nel 2018 ha avuto il primo incarico triennale di tutela dal Ministero, ricevendo poi i rinnovi triennali negli anni successivi. Perché ha mantenuto i requisiti di legge e ha superato i costanti controlli.
Da imprenditore che si è fatto da sé, quale io sono, senza aver contato su patrimoni familiari, debbo precisare che il Consorzio ha al suo interno alcuni degli imprenditori agricoli che furono i promotori dell’ottenimento della DOP nel 2005.
Invece, non vi sono entrati proprio quegli industriali che facevano parte del primo Consorzio perchè decidevano di promuovere immotivati ricorsi dinanzi al Tar Lazio e al Consiglio di Stato, contro la DOP (quelli sì fratricidi e dannosi per il territorio). Ricorsi che si sono conclusi solo nel 2022, ricevendo sonore sconfitte.
Attualmente siamo di fronte a verbali elevati dai Carabinieri Forestali che hanno ricevuto una specifica formazione sulle leggi, che peraltro erano già vigenti nel 2005 quando il riconoscimento DOP all’oliva ascolana è divenuto legge europea. E nessuna denuncia è stata presentata dal Consorzio.
Confindustria potrà adire le sedi competenti per sgombrare il campo dalle considerazioni giuridiche che ritiene di esternare. Considerazioni che a nostro avviso, ad avviso dei Carabinieri Forestali, di docenti universitari e di consulenti del settore, sono del tutto infondate.
Ad esempio, il Presidente di Confindustria richiama, come fossero leggi o sentenze, alcune lettere di funzionari del Ministero che riportano errori palesi. E che non hanno alcun rilievo giuridico perché provenienti da soggetti che non hanno alcun ruolo in tale materia.
Ma, ciò che risulta incomprensibile è il timore per i “posti di lavoro” che Confindustria invoca. Perchè? Chi vuole far cessare produzioni o chiudere fabbriche? Di certo non il Consorzio che presiedo.
Se non fosse chiaro, è utile ripetere che la questione riguarda solo il nome del prodotto in etichetta. Nome che a tutela del consumatore deve essere “olive farcite” o “olive ripiene” e non può descrivere come ascolana una oliva che non lo è. Ciò solo perche esiste la DOP.
In conclusione, l’incremento della produzione dell’oliva ascolana tenera è stato certamente bloccato dalla assenza di differenziazione sul mercato tra prodotto DOP e non DOP. Quindi, auspichiamo che Confindustria non continui ad operare come freno allo sviluppo della DOP Economy locale, tentando di scaricare la responsabilità su altri. Ma approfondisca i benefici della DOP Economy che oramai ovunque in
Italia è praticata. E colga finalmente l’importanza di investire in ettari di uliveti DOP nell’ampio areale che va da Fermo a Teramo”.
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