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Meno carne, latte e pasta, più legumi, verdura e formaggi. La dieta dei marchigiani, sottolinea Coldiretti Marche, è cambiata negli ultimi 10 anni ma cresce, purtroppo, la quantità di spreco alimentare. Spreco alimentare calcolato in 621,9 grammi alla settimana (media del Centro Italia secondo l’ultimo report Waste Watcher 2025). In aumento dell’8,5% rispetto all’anno scorso. 

Coldiretti Marche: consumi e sprechi alimentari in regione

“Nel mondo – spiegano da Coldiretti analizzando i dati Unep – ogni secondo l’equivalente di quasi 12mila pasti finisce nella spazzatura, con un impatto pesante dal punto di vista economico e della sostenibilità ambientale. Oltre che dal punto di vista etico, considerato l’aumento delle persone affamate. E la Fao stima che il cibo perso e sprecato potrebbe sfamare ogni anno 1,26 miliardi di persone”.

Insomma, lo spreco alimentare ha implicazioni etiche ed economiche che potrebbero essere superate grazie a comportamenti maggiormente responsabili. Nelle Marche la spesa mensile per l’acquisto di generi alimentari è stata calcolata in 547 euro. Si tratta della quota più alta del Centro Italia, sesto posto nazionale dietro a Campania, Sicilia, Friuli, Calabria e Molise.

Dal 2013, secondo l’Istat, i marchigiani mangiano meno salumi (-3%), carni bianche (-1,6%), bovine (-7,5%), suine (-3%). In calo anche il consumo di pane-pasta (-5%) e latte (quasi il 10%) mentre è aumentato quello di pesce (+5%), uova (+13,8%) e legumi (+9%).

Tornando agli sprechi, la maggior parte di essi avviene proprio tra le mura domestiche.

“La rete dei mercati contadini di Campagna Amica – aggiunge Coldiretti Marche – è impegnata da anni in un’opera di sensibilizzazione dei consumatori anche con incontri mirati con alunni e studenti nelle ore di educazione alimentare. L’acquisto diretto permette il contenimento degli sprechi perché accorciando la filiera, il consumatore può contare su cibi freschi, che si conservano di più. Che non hanno percorso lunghe distanze e perciò hanno inquinato meno. L’incontro con i produttori nei mercati o direttamente in azienda diventa anche un’occasione di educazione, socializzazione, cultura che permette di recuperare quella dimensione valoriale del cibo che rischiava di andare perduta. Rappresentano quindi un esempio concreto di come gli agricoltori e i consumatori, insieme, possano contribuire a diffondere stili di vita più sani e sostenibili”.

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