Il presidente di Confindustria Ascoli Piceno Simone Ferraioli ha presentato alla stampa una serie di dati sull’andamento economico del territorio. Dati da cui emerge un “importante mismatch” tra il percepito e la realtà.
Confindustria Ascoli Piceno: 1000 posti di lavoro nei prossimi 12 mesi
La riflessione del presidente Ferraioli nasce anche dall’analisi dei dati ISTAT che individuano nel Piceno una forza lavoro potenziale di 92.500 unità a fronte di 86.300 occupati. Con una disoccupazione effettiva di 6.500 unità nel 2022, che significa una percentuale del 4,7% se si guarda alla sola popolazione maschile nella fascia 16-74 anni. E che nel corso del 2023 è stata ridotta ulteriormente per il saldo positivo riscontrato nei primi due trimestri dell’anno tra cessazioni e nuove assunzioni (+ 6.500 unità).
Ecco perché, nelle scorse settimane, Confindustria Ascoli ha interrogato le 285 aziende associate per verificare i principali indicatori: distribuzione geografica, fabbisogno occupazionale, fatturato e prospettive di investimento.
Confindustria Ascoli: il campione interrogato
Il campione coinvolto nella verifica sviluppa ben 1.838 unità locali suddivise in uffici, filiali, cantieri stabili e in generale ulteriori sedi riconosciute a livello camerale sul territorio italiano. Senza conteggiare le sedi e le filiali all’estero. Nel complesso, 502 ricadono nel perimetro di rappresentanza di Confindustria Ascoli Piceno: 474 nella provincia di Ascoli Piceno e 28 in altre province.
Si è passati quindi a chiedere quale fosse la forza lavoro delle unità locali nel perimetro.
In proposito è emerso che queste sono poco meno di 17.000. Ma il dato significativo è che, interrogato il campione sui fabbisogni occupazionali di breve periodo, ovvero nell’arco dei prossimi 12 mesi, il 20,9% del campione, pari a 56 imprese, ha espresso un fabbisogno complessivo pari a 450 nuovi collaboratori.
La distribuzione è stata ovviamente molto alta nelle grandi imprese, ma sorprendentemente sono le medie imprese che hanno manifestato un maggior fabbisogno pro capite (13,3 unità per azienda). Rispetto alla segmentazione merceologica è il settore metalmeccanico quello con un fabbisogno medio maggiore (9,6 unità). Seguito dal settore alimentare (5,6 unità) e dal comparto edile (4,3 unità).
Questo significa che ragionevolmente sia almeno un migliaio il numero di posti di lavoro che le aziende associate potrebbero assorbire da qui ai prossimi mesi.
E’ evidente come, aldilà del fabbisogno di operai specializzati (probabilmente scontato essendo il campione interrogato prevalentemente manifatturiero) pari al 41% del totale, sia sempre crescente il fabbisogno di professionalità tecniche (21%). Fabbisogno che supera quello di figure ad elevata specializzazione (9%) e anche di figure esecutive nel lavoro d’ufficio (11%).
Interessante segnalare che solo per il 50% circa del campione il fabbisogno occupazionale è direttamente collegato a nuovi investimenti. Si può quindi desumere che per la restante parte il fabbisogno occupazionale è indipendente dagli investimenti e può riguardare semplicemente la necessità di nuove professionalità di cui ancora l’azienda non dispone. O la sostituzione di professionalità già presenti in organico.
Nuovi investimenti
Il dato ancor più interessante è che, nel complesso, sono emersi nuovi investimenti da realizzare nei prossimi due anni, per un totale di ben oltre 500 milioni di euro.
Basti pensare che di questi ben 216 milioni saranno realizzati da 17 delle 285 aziende associate, di medie e grandi dimensioni.
Al campione è stato infine richiesto di fornire il dato di fatturato relativo all’anno 2022 e successivamente di fornire – laddove possibile – una proiezione relativa al 2023.
Rispetto all’ultimo esercizio contabile è emerso un ammontare complessivo di poco superiore ai 4,3 miliardi (4.303.806.076 euro).
Il dato è tuttavia prudenziale in quanto sono stati esclusi dal conteggio alcuni grandissimi gruppi – principalmente nel ramo delle utilities quali, ad esempio, la distribuzione e la vendita di energia elettrica e gas, che operano nel settore dei trasporti pubblici in concessione, lo smaltimento dei rifiuti – che, pur operando sul territorio, avrebbero rischiato di falsare il risultato. E anche il senso dell’indagine.
Rispetto alle proiezioni 2023, è stato possibile indagare il dato presso 89 aziende pari a circa 1/3 del campione totale, quindi comunque rappresentativo per fornire una stima sull’andamento.
Il risultato è stato positivo. A fronte di un fatturato dichiarato ad ottobre 2022 pari ad oltre 1,8 miliardi di euro (€ 1.831.818.306), le stesse aziende dichiarano ad ottobre 2023 un fatturato di oltre 2,2 miliardi (€ 2.241.288.607). Con un aumento medio, quindi, di circa il 22,3%.
Un dato sicuramente incoraggiante per l’economia del territorio visto che le 89 aziende sono solo una parte, seppur importante, del campione indagato e non indagato.
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