Avevo da poco iniziato e Renzo era uno dei miei primi pazienti. Veniva di rado, quasi forzato dai familiari: non aveva tempo. Il lavoro, che svolgeva con precisione e responsabilità, pareva prendesse tutte le sue preoccupazioni. Morì d’infarto, all’improvviso, ed io fui certo, da subito, che quell’infarto glielo avesse procurato lo stress.
Stress: prepara a una fuga o a un attacco
‘Stress’ è un termine mutuato dalla tecnologia: indica la sollecitazione estrema cui viene sottoposto un materiale. In fisiologia, invece, indica ciò che è capace di suscitare nell’organismo un certo tipo di reazione. In questo caso, sotto l’azione del cortisolo e dell’adrenalina, aumentano frequenza cardiaca, frequenza respiratoria e pressione. Aumenta la produzione di glucosio e i muscoli sfruttano meglio l’energia. Diminuisce anche la percezione del dolore. La condizione ideale per una fuga. O per un attacco.
Il fatto è che questa reazione è prodotta per durare poche ore. Se, invece, dura per anni, come accade in certi posti di lavoro, le variazioni tendono a diventare permanenti. Il soggetto diventa iperteso, diabetico, esposto a rischio cardiovascolare. Le ghiandole surrenali si esauriscono e, per mantenere lo stesso livello di guardia, questo soggetto si tiene su con caffè e sigarette, che gli procurano un’insonnia, trattata, poi, con tranquillanti. Conoscete qualcuno così?
Nel 2008 l’Italia delle aziende andò nel panico: la solita legge ipermoderna aveva inserito lo stress tra i rischi da monitorare.
Si scoprì presto che i medici del lavoro non erano preparati per questo. Ma, soprattutto, ci si rese conto che i luoghi di lavoro italiani producono stress a vagonate. E, per questo, c’era il penale. Alla fine si è risolto che qualcuno viene, ti rilascia una carta, e tu, responsabile, puoi dimostrare che hai fatto qualcosa. Il lunedì si ricomincia come sempre.
Il fatto è che lo stress non può essere evidenziato con un esame e, anche fosse, non sarebbe facile isolare quello da lavoro da quello derivante dalla vita privata. Ma ci sono dei metodi e gli altri Paesi, come al solito, sono molto avanti. Mica perché sono buoni, no, solo questione di soldi: perché lo stress è la prima causa di assenteismo dal lavoro.
Come quella sindrome dell’Edificio Malato.
In alcuni ambienti la gente manifestava cefalea, allergie, problemi respiratori, depressione. Ci si interrogò sulla causa: le polveri? Le radiazioni da monitor? Il microclima? Le muffe? Uno studio chiuse la questione: non era l’edificio malato che faceva star male le persone, le quali, invece, avevano in comune il fatto di avere un capo idota. Lo stress è figlio della disorganizzazione. È facile rimuovere l’amianto da un locale o abbattere i rumori. Ma se vuoi davvero combattere lo stress devi arrivare direttamente al modo di condurre l’ambiente di lavoro. Cioè, devi salire dal capo e dirgli che è lui la causa. Perché così è.
Per diventare dei pessimi manager non è necessario essere italiani; però aiuta.
La nostra tipica attitudine a promuovere i raccomandati, a confondere il leaderismo col bossismo, la nostra idiosincrasia per la pianificazione e per la discussione, le paghiamo care.
Nonostante i numerosissimi studi e le esperienze sull’argomento, capita ancora d’incontrare situazioni medievali nei posti di lavoro, che producono stress inutile, che sfiancano il lavoratore, lo incattiviscono. Fino a bruciarlo.
La sindrome del burnout, dico, quella che asciuga chi opera nell’assistenza. Turni lunghi, richieste pressanti, scarsa disponibilità di risorse, management lontano e sordo, e, ancora, disorganizzazione a palate, nella quale ognuno, alla fine, cerca di costruirsi una zattera di salvataggio personale con comportamenti tra il menefreghista e l’iroso. La condizione ideale per l’errore professionale.
C’è molto di buono nelle leggi sulla sicurezza del lavoro. La cosa migliore è che a pagare è chi comanda.
Sicché succede che di stress non si parla, anzi, lo stress non esiste, e se un medico, dopo dodici ore di lavoro, ci tratta male o ha una svista, la colpa è sua.
Politici inconsistenti, manager incapaci, direttori che non hanno il coraggio di dire che sotto certi standard il servizio va chiuso, sindacati distratti, organismi di categoria antiquati. Con questi protettori, lo stress non corre rischi, nel Paese di Aria e Sole.
Dovessi rinascere, farei una buona medicina preventiva e consiglierei a Renzo di fare il furbetto del cartellino.
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