Vi interessa la sociologia? Bene: leggete dei buoni libri ma, soprattutto, andate al cinema.
La cine-sociologia è una disciplina che mi affascina da sempre. Se volete sapere a che punto è arrivata la vostra comunità, niente di meglio di un vecchio film, per darvi la sensazione del cammino percorso.
Non necessariamente in avanti.
Satira e niente censura (1961)
Era il 1961; governo Fanfani a guida democristiana, vigilia della svolta di centro-sinistra che avrebbe cambiato l’Italia. Con un partito comunista al 25%, arrabbiato e ancora molto filosovietico.
Arrivava sugli schermi ‘Totò truffa’.
Film godibilissimo, che ho rivisto di recente. Tra le gags, quella di Totò che si finge diplomatico africano e che, per uscire da una situazione difficile, si traveste da Fidel Castro, salutando la folla con il pugno chiuso.
Una specie di bestemmia, per i compagni. Eppure, nessuna censura e nessuna manifestazione di piazza, per l’offesa a chi, in Fidel, vedeva un mito vivente.
Satira e censura (oggi)
Ve l’immaginate, oggi, una cosa del genere? No: ecco dove siamo.
Cioè, si può fare satira, sui capi di Stato o sugli avvocati; un po’ meno sui vegani, sulle femministe, sugli animalisti o sugli assessori alla sanità. Ma non è satira vera, quella che arriva allo stomaco, o meglio, alla radice della schifezza che si vuol ridicolizzare. Perchè puoi fare satira sulla Merkel, ma non su Deutsche Bank.
Se no, denunce e cancellazione dai media. Ecco dove siamo.
Sì, Totò vestito da lider maximo aveva urtato la sensibilità dei comunisti, ma era per ridere. Del resto, nello stesso film, altre icone venivano bersagliate: come il siciliano geloso o l’ex emigrante tornato dall’America, diventato ricco ma rimasto fesso. Si poteva fare.
Satira, censura e buoni sentimenti
Perché, a quel tempo, era ancora fresco il ricordo della censura fascista e non se ne voleva un’altra. Ma anche perché, dietro la satira, c’era una società di buoni sentimenti.
E la satira era un po’ come il soprannome, che a volte ti stende, ma che, enfatizzando un tuo punto debole, ti porta a livello di tutti gli altri. Sicché, una volta depotenziata la tua presunzione, ti si può dare una pacca sulla spalla e, magari, un aiuto. E chi avrebbe rifiutato un piatto di minestra a chicchessia?
Satira, censura e denunce
Oggi, invece, in una società incattivita e seriosa, stai attento a come parli e… non scherzare con me perché ti faccio causa.
Non ti devi permettere di ledere la considerazione che ho di me stesso perché è tutto quello su cui posso contare. Ben consapevole che, nel caso, tu non mi daresti una pacca sulla spalla e, men che meno, un piatto di minestra.
Che poi non sarà neanche vero, ma è quel che ci hanno indotto a pensare di noi stessi. Una serie di deliri di auto-supponenza che, dietro la pretesa del rispetto, impongono il divieto di critica scherzosa: quella che fa male, ma solo al nostro ego, e che ci costringe a migliorare.
Satira, censura e……..
Sicché stasera mi sono rivisto ‘L’oro di Napoli’, con il famoso pernacchio al duca Alfonso Maria di Sant’Agata dei Fornari. E… vuoi vedere che? Vuoi vedere che, attenti come siamo a non farci spernacchiare a vicenda, ci stiamo dimenticando di spernacchiare il Potere?
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