Tre ragazzi e un’idea per il futuro della città; sono Elena di Sciascio e Enrico Narcisi gli studenti di Ingegneria Edile Architettura dell’Università Politecnica delle Marche che hanno messo in mostra il progetto di riqualificazione della zona Ballarin supportato dalle foto documentario di Marco Ripani che mostrano le condizioni della fatiscente struttura. Giovani e con un profondo senso d’appartenenza per la propria città hanno lanciato l’idea di pedonalizzare l’area, evitando colate di cemento e optando per una zona sotterranea; rimane saldo però il legame con la memoria grazie ad uno spazio dedicato.
Il Ballarin. Storia di un passato calcistico glorioso e monumento alla tragedia dell’81 , oggi versa in condizioni fatiscenti, tra ruggine e degrado. Cosa ha mosso tre giovani ragazzi a pensare un’alternativa che dia nuovo respiro alla città? Tutto è partito grazie ad un esame universitario, Architettura e Composizione Architettonica III, tenuto dal professor architetto Paolo Bonvini. L’esame aveva come obbiettivo la riqualificazione del Waterfront di una città portuale delle Marche. In quanto innamorati della città di San Benedetto non ci sono stati dubbi nella scelta. Gli elementi che caratterizzano il “Waterfront” di San Benedetto sono il lungomare e il porto. Dopo aver effettuato una analisi a scala urbanistica della città, abbiamo individuato quelli che sono i problemi di queste due aree; successivamente, siamo scesi di scala e ci siamo soffermati sull’area del Ballarin, zona che maggiormente richiede un intervento progettuale e che costituisce un necessario punto di partenza per riqualificazione dell’intera area portuale.
In cosa consiste il progetto? Bisogna innanzitutto ricordare che nella genesi della città di San Benedetto c’è il germe della linearità e l’articolato fascio infrastrutturale che si sviluppa lungo la costa ne è la prova evidente. In particolare, punto di forza della città è il lungomare che rappresenta l’immagine e l’identità della città, così come nel comune limitrofo di Grottammare. Queste due realtà di simile natura sono separate sia fisicamente che visivamente da una vera e propria barriera: l’ex stadio Ballarin, interruzione che violenta la struttura lineare dei due comuni. Per questo la logica del nostro progetto è quella di ricreare un viale pedonale, che connetta con continuità e riqualifichi in questo modo un’area centrale della città lasciata all’abbandono. Al contempo, si vuole creare una corte d’accesso su cui si affaccino gli ingressi alle varie occasioni, nel nostro caso abbiamo pensato ad un incubatore di impresa, ovvero uno spazio fisico che ospita nuove imprese e mette a loro disposizione servizi materiali ed immateriali per facilitarne lo sviluppo, rendendo la destinazione d’uso del tutto coerente con la vicina area portuale. Si è pensato ad una architettura nascosta grazie alla generazione di uno scavo. Infatti, le occasioni saranno al di sotto del piano stradale, al di sopra invece, la copertura diviene una nuova zona verde, accessibile dalla strada, per contrastare l’uso massiccio del cemento e dell’asfalto della zona in questione.
La zona rappresenta la porta d’accesso a nord della cittadina rivierasca; gli scatti di Marco Ripani ce la mostrano con gli occhi realistici e crudi di un passato che brucia ancora e di un futuro che ha bisogno di sbocciare. Come poter conciliare questi due aspetti nel vostro progetto? Ci è sembrato riduttivo convertire l’ex Ballarin semplicemente ad un centro sportivo-ricreativo. Il rapporto con la memoria non deve essere un limite per il futuro, non è necessario riprodurre con esattezza un’opera se né la sua funzione, né la sua forma si adattano al contesto presente. Il ricordo non necessita di una fisicità, può essere trasmesso alle generazioni future attraverso una documentazione fotografica e multimediale da adibirsi in uno spazio dedicato all’interno dell’area espositiva presente nel nostro progetto. Solo in questo modo il ricordo sarà autentico e intatto, non sarà sfigurato dal tempo come è adesso e nemmeno stravolto in un inutile clone nel futuro.
Alla mostra, allestita lo scorso 29 dicembre alla Galleria Max, hanno partecipato diverse autorità cittadine, nonché molti cittadini incuriositi, da chi aveva strizzato l’occhio a monumentali progetti e architetture d’oltreoceano a chi vedeva nell’ex stadio una struttura con potenziale da offrire per le associazioni sportive; come sono state accolte le vostre idee? Innanzitutto ringraziamo tutti per la numerosa partecipazione, testimonianza dell’affetto dei sambenedettesi per la “vecchia gloria” del Ballarin e dell’interesse ai possibili interventi per il suo rinnovamento. Abbiamo avuto molto piacere ad illustrare un progetto che ci aveva emozionalmente coinvolto e ci auguriamo un riscontro positivo da parte della comunità come ci è sembrato di percepire alla mostra.