“Moda, come affrontare la crisi russo-ucraina. Progetti, strategie e programmi per superare l’emergenza”. Questo il titolo dell’importante convegno che si è tenuto all’Auditorium della sede di Confartigianato a Macerata. Un’occasione per gli imprenditori per relazionarsi con il presidente nazionale della moda di Confartigianato Fabio Pietrella e la presidente regionale Confartigianato moda Moira Amaranti. Con loro, il presidente e il segretario di Confartigianato Marche Emanuele Pepa e Gilberto Gasparoni, il presidente della Camera di Commercio delle Marche Gino Sabatini e il presidente della Provincia di Macerata Sandro Parcaroli. Il convegno è stato coordinato da Giorgio Menichelli, segretario generale Confartigianato Macerata-Ascoli Piceno-Fermo, con il saluto di Enzo Mengoni, presidente interprovinciale Confartigianato.
Moda, i dati delle Marche
La guerra in Ucraina sta travolgendo il comparto moda, un comparto che conta 4.240 micro e piccole imprese con 24.374 addetti.
Le Marche sono la seconda regione in Italia per peso dell’export della Moda in Russia sul valore aggiunto regionale, pari allo 0,30%. Al contempo, la Moda è l’unico comparto della manifattura con esportazioni che rimangono inferiori al livello 2019, con una flessione ancora consistente pari al -18,1%.
A livello provinciale, registra una diminuzione generalizzata rispetto al precrisi del 2019. Anche se le province di Pesaro e Urbino con il -5,7% e di Macerata con il -9,9% mantengono la flessione al di sotto della doppia cifra percentuale. Ancona è al -18,8%, Ascoli Piceno -24,5%, Fermo -23,5%.
La Moda è comunque il primo comparto delle Marche per esportazioni in Russia, con vendite nel 2021 pari a 115,6 milioni di euro (37,6% del totale).
Le conseguenze del precedente conflitto russo-ucraino di otto anni fa, con le prolungate sanzioni economiche alla Russia, si sono però scaricate sulle esportazioni verso il paese che, tra il 2013 e il 2021, cumulano nelle Marche una perdita del 57,6%.
Tra le province maggiormente esposte sul mercato russo, l’export del comparto in Russia supera il punto percentuale del valore aggiunto a Fermo con 1,47%. Poi Macerata con 0,52%, Ascoli Piceno con lo 0,13%, Ancona con lo 0,06% e Pesaro e Urbino con lo 0,05%.
Tornando al peso del comparto, nelle Marche sono 5.387 le imprese attive della Moda, in diminuzione del 5,7% rispetto al 2019, pari a 328 imprese in meno.
Le diminuzioni oltre la media si registrano a Fermo con il -6,7% (pari a 157 imprese in meno) e a Macerata con il -8,3% (pari a 125 imprese in meno). Quindi Ancona con il -2,7% (pari a 20 imprese in meno), Pesaro e Urbino con il -2,4% (meno 16 imprese) e Ascoli Piceno con il -2,1% (10 imprese in meno).
Dal punto di vista dell’occupazione la quota degli addetti delle MPI della Moda nelle Marche è il 5,5% rispetto agli occupati di tutti i settori: al secondo posto in Italia con 3,7 punti percentuali in più rispetto alla media italiana, pari all’1,8%. Nel confronto con le altre province italiane, gli addetti delle MPI della Moda sono un quinto (20,3%) a Fermo, secondo posto in Italia, superato solo dal 34,8% di Prato. Le altre province marchigiane superano tutte la media nazionale: Macerata con il 7,0%, Ascoli Piceno con il 2,7%, Ancona con il 2,6% e Pesaro-Urbino con il 2,2%.
Confartigianato Moda, i commenti
“Questa crisi sta costando tantissimo al settore Moda – spiega il presidente nazionale Fabio Pietrella. – Dal 2014 circa sette miliardi di euro. Abbiamo ribadito la necessità della convocazione del Tavolo Moda per un focus sulle Marche e sulle altre regioni che lavorano nel comparto, perché siamo a rischio desertificazione dell’intera filiera. È il momento giusto per mettere i territori in condizione di poter sopravvivere. Il futuro è incerto, i risultati dipendono da politiche nazionali. Servono, intanto, risorse urgenti sul medio periodo, sistematiche, perché per andare oltre a questa crisi non bastano contributi usa e getta.
Bene, ad esempio, una decontribuzione almeno del 50% sulla prototipia, così come la decontribuzione sul costo del lavoro. Abbiamo, insomma, bisogno di una “rotta”. Stiamo già avviando un potenziamento della digitalizzazione delle imprese per ovviare al movimento delle persone (fase iniziata in epoca covid) e, quanto ai nuovi mercati, servono azioni diplomatiche per incontrare altri sbocchi. Sbocchi che vanno cercati da un punto di vista ministeriale”.
“La totale cancellazione del mercato russo è un gravissimo problema – ha proseguito la presidente regionale Amaranti.– Basti solo pensare che tale mercato copriva per alcune imprese anche l’80% della produzione. La Russia rappresentava un export cruciale, corposo, solvente, amante del Made in Italy, dove quindi era “facile” per noi operare. Ora stiamo riorganizzandoci ma, purtroppo, questo non avverrà nel breve periodo, perché i nostri prodotti sono di alta fascia e di elevata capacità manifatturiera, con brand stimati all’estero. Servono quindi buyer capaci di apprezzare la nostra qualità. Stiamo intanto facendo scouting per individuare i paesi dove inviare i nostri prodotti, riorganizzando il comparto commerciale per sopperire alla perdita di un sistema come quello russo. Per fare questo bisogna anche consolidarsi nelle fiere internazionali, perché il nostro prodotto va fatto conoscere anche di persona”.
Comparto Moda: rischio licenziamenti
Ma, ha avvertito Amaranti, il rischio licenziamenti c’è. “Gli imprenditori – ha concluso – non vogliono arrivare a tanto, ma devono mantenere una data capacità produttiva. Ai rappresentanti della politica chiediamo di ascoltare la nostra voce. Perché abbiamo bisogno di quegli strumenti che in passato non ci sono stati concessi. Le nostre aziende stanno subendo le sanzioni, quindi speriamo sia il momento giusto per orientarci verso una decontribuzione del costo del lavoro, una diminuzione dei costi di tipo fiscale e una moratoria sui finanziamenti. Le aziende si sono già indebitate per la pandemia, ora non possono ulteriormente indebolirsi. Bisogna alleggerire il peso, trovando strumenti per nuova liquidità”.
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