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Il coding viene ritenuto da più parti un insieme di discipline di difficile assimilazione e per questo non adatto a tutti. Ma come spesso accade questo tipo di percezione dipende dall’approccio dalle inclinazioni personali verso un certo tipo di materie. Ci sono elementi, come la pazienza, la persistenza, la schematicità, essenziali per operare nel mondo della programmazione, che per alcune persone possono risultare difficili da mettere in pratica e che contribuiscono quindi a creare una barriera psicologica che di fatto rappresenta un limite all’apprendimento di quel tipo di concetti. Capire come imparare a programmare, soprattutto all’inizio, così come in qualsiasi attività a cui ci si approcci ex-novo, può risultare difficile ed è per questo che è importante scegliere il percorso formativo giusto. In tal senso optare per uno dei corsi di aulab – delle vere esperienze immersive di 3 mesi che ti catapultano nel mondo dei codici soffermandosi su argomenti centrali per la formazione di un coder – rappresenta un modo efficace per entrare nel vivo degli argomenti più salienti relativi al mondo dello sviluppo software, con un approccio che dà la giusta importanza anche all’aspetto pratico.
Ma cerchiamo di capire più nel dettaglio perché il coding viene ritenuto difficile da imparare.

programmare

Il fattore novità

I concetti della programmazione possono risultare difficili perché per molti si tratta di argomenti totalmente sconosciuti. Anche se ormai siamo abituati a utilizzare il PC in maniera regolare, non è detto che possieda quell’infarinatura di elementi di informatica utile a comprendere qualcosa delle tematiche inizialmente trattate dai programmi dei corsi che s’intendono seguire. Per questo è importante che lo studio dei codici cominci già dall’età scolare.
Percepire quei concetti come diversi e distanti da quelli a cui siamo abituati, rende diffidenti, fa crescere le nostre insicurezze e ci fa sentire inadeguati. Il tipo d’approccio in questi casi può fare la differenza perché aiuta a rompere il ghiaccio e a superare tutte le resistenze che di fatto frenano il processo di apprendimento. Più ci si addentra nel magico mondo dei codici, più ci si accorgerà che tutto sommato si tratta di nozioni che, con un minimo di impegno, si possono far proprie. 

Impegno e costanza

Qualsiasi attività richiede impegno e tempo per essere padroneggiata, ma se in alcuni casi è possibile ottenere dei risultati tangibili con tempistiche ragionevolmente brevi, nel caso della programmazione è necessario procedere per gradi con una strategia che preveda un impegno e una pratica costante. Solo in questo modo tutte le conoscenze potranno essere sedimentate nella maniera corretta, senza correre il rischio di vederle evaporare senza neppure accorgersene. Allenarsi, sbagliare, ripetere le procedure, risbagliare, cambiare approccio, tutti passaggi obbligati che un programmatore dovrà compiere per diventare bravo in quello che fa.

Meticolosità e schematicità

Programmare prevede tutta una serie di passaggi schematici da compiere per garantire la buona riuscita del lavoro sul quale ci si è dedicati. Ma non è detto che questo succeda. Nelle circostanze in cui l’esito non è quello sperato per un motivo o per l’altro, ci si dovrà armare di pazienza per rivedere tutti gli step compiuti in modo da trovare il punto debole. Si tratta di un approccio che richiede una meticolosità fuori dal comune e talvolta portata agli estremi, e questo aspetto può alla lunga può essere visto come esempio di impenetrabilità e far allontanare quelle persone con un’impostazione più pratica. Ma questo tipo di schematicità non deve per forza essere interpretata come tendenza ad essere rigidi e poco aperti ai cambi di rotta. Anzi, soltanto i programmatori che abbiano la capacità di osservare il problema da diverse angolazioni saranno in grado di uscire fuori vincitori dall’impasse. 

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