Fabriano – Allegretto Nuzi, fabrianese d’origine e toscano di formazione, lavorò stabilmente nella sua città dal 1347 fino alla morte, nel 1373. Produsse un numero rilevante di opere d’arte: altaroli per il culto privato, polittici di grandi dimensioni, cicli affrescati. La qualità dei fondi oro del Maestro ebbe subito, ancor più nei secoli successivi, un tale successo che le sue opere furono contese dai collezionisti. E finirono in musei e collezioni non solo fuori da Fabriano ma anche dall’Italia.
La mostra di Fabriano
“Oro e colore nel cuore dell’Appennino. Allegretto Nuzi” verrà inaugurata venerdì 15 ottobre 2021 e rimarrà visitabile fino a domenica 30 gennaio 2022 nella Pinacoteca civica Bruno Molajoli.
La mostra è curata da Andrea de Marchi e Matteo Mazzalupi ed è promossa dal Comune di Fabriano e dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti. Realizza una sorta di impresa impossibile: riporta a Fabriano una trentina di opere del grande Maestro, prestate per l’occasione. Fra queste, undici tavole da musei stranieri. Per raccontare il singolare momento artistico fabrianese della seconda metà del ‘300, le opere sono affiancate da sculture di altri artisti del territorio. Sculture che nelle loro cromie, ma non solo, risentono in modo evidente dell’influenza di Allegretto e della sua scuola.
Proprio questa capillare riconduzione all’origine consente anche di riunire parti da tempo disperse di polittici, di mettere a confronto opere che con chiarezza delineano il percorso di un Maestro che a pieno titolo può essere definito tale. La dispersione e la conseguente scarsa conoscenza diretta delle sue opere lo avevano relegato a un ruolo apparentemente locale.
“Forte della sua educazione toscana – scrive Andrea De Marchi – il Nuzi esercitò un’influenza enorme, fra Umbria e Marche, in sodalizio con il conterraneo ed emulo Francescuccio di Cecco, importando un linguaggio pacato e monumentale, maturato sul confronto con la tenerezza espressiva dei Lorenzetti a Siena e con i volumi accarezzati di giotteschi fiorentini come Maso di Banco e Bernardo Daddi.
Allegretto introdusse nelle Marche tipologie ancora ignote di complessi polittici e squisiti altaroli per la devozione individuale. Nelle iconografie fu innovatore, contribuendo alla diffusione della Madonna dell’Umiltà in area adriatica, piegando le storie della Passione a interpretazioni originali e toccanti. Nelle tecniche pittoriche fu sperimentatore, combinando con grande libertà i punzoni per comporre i decori floreali dei nimbi e dispiegando scintillanti tessuti operati con fantasie di uccelli e tartarughe, col colore sgraffito per rimettere in luce l’oro del fondo. Da Fabriano dialogò strettamente coi migliori pittori fiorentini suoi coetanei, con Puccio di Simone che portò a lavorare con sé fra 1353 e 1354, coi fratelli Andrea e Nardo di Cione, gli Orcagna.
Seppe impalcare cicli murali di rara freschezza, capaci di coniugare la grandiosità semplificata dell’insieme e l’immediatezza narrativa del dettaglio. I principali si conservano ancora nelle chiese di Fabriano, in Santa Lucia Novella, dei domenicani (cappella di San Michele e Sant’Orsola, sagrestia), e nella tribuna di San Venanzio”.
La mostra, grazie alla collaborazione con la Diocesi di Fabriano – Matelica, presenta anche una piccola sezione presso il Museo Diocesano e nella stessa cattedrale di San Venanzio, dove è ricostruito un Calvario ligneo coi dolenti.
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