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Da qualche giorno si parla molto dell’oliva ascolana, DOP e non Dop. Tutto è iniziato con un intervento del presidente di Confindustria Ascoli Piceno Simone Ferraioli (l’articolo qui). A lui ha replicato Primo Valenti, presidente del Consorzio di tutela oliva all’ascolana del Piceno DOP (l’articolo qui). Sono quindi intervenuti l’assessore all’Agricoltura della Regione Marche Andrea Maria Antonini e il consigliere regionale della Lega Monica Acciarri (l’articolo qui). Oggi riportiamo integralmente la controreplica del presidente di Confindustria Ascoli Piceno Simone Ferraioli al presidente del Consorzio Valenti

Oliva ascolana DOP: la risposta di Ferraioli a Valenti

“Ritengo doveroso – scrive il presidente di Confindustra Ascoli Piceno Simone Ferraioli – a nome dell’Associazione e a tutela delle aziende associate che rappresento replicare alle ultime gravi esternazioni a mezzo stampa del presidente del Consorzio.

Inutile, girare attorno al tema centrale della questione, ovvero quello dei quantitativi, tentando di gettare fumo negli occhi dell’opinione pubblica. Perché per chi non conosce la genesi di tutta la vicenda è comprensibile la spendita del proprio ruolo in difesa della posizione del Consorzio. O, meglio, di ciò che viene raccontato da quest’ultimo.

Il fabbisogno attuale per la sola provincia di Ascoli Piceno (il consorzio in verità avrebbe come area geografica di riferimento anche le province di Fermo e Teramo) sarebbe di due milioni e trecentomila kg. di oliva tenera ascolana annui. Ovvero 23.000 quintali di olive verdi da destinare alla produzione/trasformazione in olive all’ascolana, a fronte dell’attuale disponibilità reale di oliva tenera DOP pari a meno di 100 quintali l’anno.

In sintesi, il prodotto attuale copre meno dello 0,5% del necessario. Ed occorrerebbero almeno altri 2.200 ettari di terra piantumata con oliva tenera, che andrebbero a regime tra 10-15 anni, in non meglio precisate praterie che in 20 anni il consorzio non ha mai trovato.

Ma la questione in realtà è ancora più grave.

Perché i numeri di cui sopra considerano solamente il fabbisogno per la trasformazione in oliva all’ascolana, quando invece oggi quei 100 quintali scarsi sono destinati anche alla vendita delle olive verdi e alla produzione di olio di oliva tenera ascolana. Figuriamoci.

Detto ciò, volendo fare un discorso più serio sulla tutela, e premesso che non a caso sono pochissime le DOP in Italia su prodotti diciamo composti, quali quello dell’oliva all’ascolana, vorrei chiedere al presidente Valenti se i consorziati produttori DOP tengono in considerazione anche le filiere delle carni e del pane grattato necessari per la preparazione del prodotto.

Non credo, ma aspettiamo di essere smentiti.

E da ultimo, vorrei sempre chiedere al presidente del Consorzio, visto che accusa gli imprenditori di non aver investito nella produzione di oliva tenera, compito che semmai spetterebbe al mondo agricolo e non certo a quello dei trasformatori, per quale motivo non ha portato avanti il progetto, tanto trionfalmente annunciato, di prendere in gestione dal Comune di Ascoli Piceno la tenuta di Villa Sgariglia a Campolungo dove da anni sono presenti già a dimora circa 22 ettari di oliva tenera ascolana.

O meglio, visto che il Consorzio si era anche aggiudicato la gara, come mai sono stati fatti scadere i termini per l’avvio dei lavori promessi nel progetto, tanto che la stessa aggiudicazione è stata considerata decaduta da parte del Comune che ha addirittura escusso una fideiussione di decine di migliaia di euro a titolo di penale?

Stona perciò questo j’accuse alla nostra categoria quando il Consorzio stesso ha abdicato al suo ruolo, vincendo una gara di evidenza pubblica salvo poi non fare assolutamente nulla. E facendo scadere i termini di operatività della concessione stessa per la gestione dei tanto agognati e preziosi ettari di oliva tenera.

Aldilà di tante parole spese, sono i fatti sono quelli che contano.

E i fatti dicono che questo Consorzio e la sua governance sembrano inseguire quale unico obiettivo quello di distruggere l’attuale produzione locale di olive all’ascolana per creare un microscopico, inutile, monopolio su una denominazione che dovrebbe al contrario generare sviluppo, incremento di occupazione ed una maggior remunerazione per un’intera filiera e per tutto il territorio.
Miopia o malafede?”

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