La locale sezione di Italia Nostra segnala al sindaco di Ascoli Piceno Marco Fioravanti lo stato di degrado del Ponte Romano sul Rio San Giuseppe. Riportiamo di seguito il testo della lettera firmata dal presidente, il professor Gaetano Rinaldi.
Italia Nostra: lettera al Sindaco di Ascoli Piceno
“E’ veramente stupefacente – scrive il presidente di Italia Nostra Gaetano Rinaldi – il comportamento degli abitanti della nostra amata “Nazione”. Mostrano un grande entusiasmo quando, con superficiale sicumera, affermano che l’Italia custodisce gran parte delle opere d’arte, dei monumenti e delle testimonianze di civiltà del mondo intero.
Se poi si scende dal mondo della fantasia a quello della realtà effettuale si constata che gran parte di queste testimonianze giacciono in una condizione di abbandono, di oblio. E di degrado talvolta irrecuperabile. Senza che ci siano pianti e lamentele per questa triste realtà.
Esemplare, a riguardo, la condizione in cui versa il Ponte Romano del Rio San Giuseppe nel territorio di Mozzano.
Questo ponte è uno dei tanti ponti della Consolare Salaria di epoca romana presenti nel territorio ascolano.
In genere questi ponti giacciono in una condizione di abbandono, risultano sconosciti ai più, mentre nulla si fa per elaborare un progetto innovativo che ne permetta la fruizione visiva, la valorizzazione, la conservazione.
Il Ponte del Rio San Giuseppe è quello che rispetto agli altri appare abbandonato ad una totale condizione di degrado. Sembra che non si aspetti altro che scompaia definitivamente per esser sostituito, magari, da un manufatto in cemento destinato non a durare due millenni come i ponti romani ma al massimo non più di 50 anni. Così come accaduto per il famoso ponte di Genova”.
Ponte romano di Mozzano: la segnalazione di Italia Nostra
“Come è noto – prosegue la lettera – circa 30 anni fa, sollecitati da una sensibile abitante del posto, segnalammo il pericolo che il Ponte correva per la presenza sotto l’arcata del manufatto di una rilevante quantità di materiale di risulta prodotto, da scavi o interventi edilizi, che avrebbe potuto determinate un effetto diga. E quindi la distruzione del ponte in caso di violente piogge torrenziali.
In quel caso la nostra segnalazione produsse un effetto tempestivo. Infatti il materiale di risulta fu portato via immediatamente e depositato probabilmente in una apposita discarica.
In seguito niente fu fatto per valorizzare questa testimonianza di civiltà. Addirittura non si è permesso nemmeno la visione del ponte, la cui arcata è stata progressivamente coperta da piante rampicanti oscuranti tutta la vista dell’elegante manufatto e in grado di creare le sicure condizioni per minarne la sicurezza e l’integrità.
Tanto che con nota del 30 novembre 2018 la nostra Sezione segnalò la condizione di degrado e insicurezza in cui versava il ponte.
Ma purtroppo in questo caso senza che venisse adottato a riguardo un qualsiasi provvedimento.
Ora la situazione è diventata veramente allarmante e non più sostenibile. Non si tratta più di sole piante rampicanti che nascondono l’arcata del ponte. Nell’alveo del Rio e presso l’arcata del ponte è presente una vera e propria foresta compatta di arbusti, alberi, piante rampicanti che oltre a nascondere completamente il manufatto formano una compatta parete che in caso di piogge eccezionali che, prima o poi, purtroppo, si potrebbero verificare anche nel nostro territorio, si porrà come un ostacolo insuperabile al deflusso delle acque e dell’altro materiale solido dalle stesse trasportato. Creando una vera e propria diga che potrebbe determinare il crollo del manufatto e la sua scomparsa definitiva. Le foto confermano in maniera evidente l’esattezza di quanto da noi segnalato.
Per cui non possiamo non sollecitare che gli organi competenti effettuino gli interventi indispensabili per mettere in sicurezza il ponte. Creando magari le condizioni per valorizzarlo elaborando un progetto per la messa in rete di tutti i ponti di epoca romana esistenti nel nostro territorio. E recuperando i tratti dell’antica Salaria ancora esistenti”.
“In questo modo – conclude Rinaldi – si creerebbero le condizioni per favorire lo sviluppo di forme innovative del turismo culturale ed ambientale, che richiama un numero sempre maggiore di amanti della storia, dell’ambiente, della cultura”.
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