Ho deciso: metto in vendita la mia libertà. Anzi, le mie libertà, dal momento che ne ho davvero tante che nemmeno mi credevo.
E comincio con la libertà di pensiero.
Parliamoci chiaro: ma a cosa mi serve? Tu studi, t’informi, rifletti, capisci e, alla fine, stai comunque male. Certo, il mio professore diceva che si soffre, sì, ma ad un livello più alto. Il fatto è che il pensiero può arrivare a vette insospettate ed io, che soffro di vertigini, francamente mi accontenterei di un piano rialzato. Poco; quel tanto che mi permettesse di non considerarmi proprio un babbeo.
Collegata, c’è la libertà di opinione.
E che me ne faccio? Io sono sicuro delle mie opinioni, che sono le migliori in circolazione. La prova? Beh, basta vedere quanto sono assurde le opinioni degli altri. Ma è inutile, tanto ognuno ha la sua e non riuscirei a fargliela cambiare.
Poi passerei alla libertà di movimento.
Fatti due conti, negli ultimi decenni mi sono mosso quasi esclusivamente su due o tre itinerari fissi nell’ambito di una ventina di chilometri. Praticamente, dei domiciliari allargati. E allora? Inoltre, non mi interessa andare a vedere il sole di mezzanotte a Capo Nord (il sole; visto uno li hai visti tutti) e nemmeno di volare fino ad Hong Kong per pranzare ad un Mcdonald’s e tanto meno di andarmi a prendere un parassita nel Sud Est Asiatico.
Magari mi sfoglio un atlante.
E che dire della libertà di culto?
A parte che io non sono osservante di niente, ma comunque pregherei il mio Dio in silenzio, in autobus o prima di addormentarmi o durante un comizio elettorale (pregherei anche per l’oratore) o mentre sono in fila per pagare un ticket (dove avrei il tempo anche di pregare per amici e parenti). Che mi servirebbe un tempio o di incontrarmi con altri fedeli?
Niente: inutile.
La libertà di iniziativa.
Dice, hai una bella idea in mente, mettila in pratica e inventati un percorso nuovo. No, dico, ma scherziamo? Avete provato ad aprire un chiosco di limonate? Non se ne esce vivi. Io ho usato qualche metodo per rendere più efficiente il mio lavoro e mi sono trovato contro tutte le istituzioni competenti.
No, li lascio a voi questi azzardi; io, per me, volo rasoterra.
Però, la libertà di espressione?
O, beh… stiamo parlando della libertà di scrivere quello che penso? Ma, ragazzi… a me mi vengono delle idee che ognuna ci vorrebbe un libercolo solo per impostarla. E chi lo leggerebbe? Al più posso esprimere uno stato d’animo con una faccina, ma se devo chiarirmi con degli ideogrammi allora mi studio il cinese.
Per cui, via anche questa.
Le restanti..? Mah, non ci ho mai pensato; segno che non è roba che ti cambia la vita. No, amici; io non voglio la libertà, della quale non so cosa fare.
Voglio provare, invece, la bella, rinvigorente sensazione del desiderio di libertà.
Voglio che mi venga conculcato tutto per tornare a sentirmi arrabbiato, tonico, creativo, speculativo e teorico, perfino.
Io voglio una barriera fisica ad indicarmi il limite invalicabile, invece di un Centro Convenienza, ed un indice dei libri vietati, per poterli leggere tutti, ed uno Stato Ateo, per voler celebrare la festa del Patrono in piazza. E, infine, un ambiente mediatico che mi faccia ogni giorno il lavaggio del cervello per poterlo fregare, in segreto, con idee originali.
Beh, forse quest’ultima cosa ce l’ho da tempo e solo ora mi rendo conto che non l’ho apprezzata come merita.
C’è che è così dolce acquistare pensieri in moduli prefabbricati che non mi viene nessun istinto di ribellione.
Davvero: non so che farmene di questa libertà ingannevole coi paesaggi alle pareti.
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