Credo che i tempi siano maturi per una legge che protegga il Silenzio. No, non parlo del silenzio come assenza di rumore né di quello dell’imputato né di quello ostile, eloquentissimo e cocciuto, di chi ti sta a manifestare un rancore.
Parlo del silenzio come diritto di tacere.
Può sembrare strano, ma a volte ci si sente obbligati a dire qualcosa. Tipo davanti al prete, con la fede in mano oppure davanti ad una commissione di esame oppure quando c’è da fare un discorso di compleanno. Però, in quei casi, c’è qualcuno che ci tiene a sentire. Altre volte, invece, il parlare è un qualcosa che nessuno vorrebbe e il tacere sarebbe apprezzato da tutti.
Prendi la politica.
Arriva in Aula un disegno di legge, già abbondantemente studiato in commissione, avente come oggetto una materia ignorata dal 95% dei parlamentari. Considerando che, alla fine, questo 95% vota secondo una indicazione su whatsapp e considerando che, quasi sempre, il risultato è scontato, si potrebbe andare subito al voto e macinare il materiale arretrato.
Meglio ancora se, invece, a conoscere la materia fossero parecchi e potesse, ognuno, aggiungere un tassello tecnico o un elemento aggiuntivo di riflessione. O, magari, un’esperienza pratica attinente. Macché. Quasi a dover dare prove di esistenza in vita, anche coloro che non hanno niente da aggiungere partono in una concione che attizza gli animi, che evoca grida e, qualche volta, pure spintoni e schiaffi. Il presidente scampanella che pare la mattina di pasqua, rimproverando gli scomposti colleghi e rimandando, senza troppa convinzione, alla dignità dell’Istituzione. Ma nella scena ogni personaggio recita, tranne un commesso, strafatto di simili spettacoli, che sbadiglia a raffica dietro l’angolo diedro delle mani guantate, in un punto poco fotogenico dell’Aula. Il tutto, in una concezione della Politica come continuazione, con altri mezzi, dell’Avanspettacolo.
Ora, accade che in Italia, da decenni, gli avvicendamenti al governo seguono a scossoni politici, sicché, dopo che hai perso, alla fine di una campagna elettorale durissima, hai poco da fare se non aspettare che i nuovi governanti dimostrino la loro capacità o incapacità, nei fatti. Cosa che richiede il suo tempo.
Epperò nell’attesa, come si fa a tacere?
La legge sul Silenzio
Di qui la legge, con un solo articolo:
Articolo 1: Si istituisce, per gli sconfitti, il Silenzio Sabbatico, con divieto, per un anno, di interventi in aula, rilascio d’interviste e apparizioni in tv. In caso d’infrazione: decadenza immediata dalla carica.
Può sembrare esagerato, ma pensateci un attimo. Io, parlamentare di minoranza, vengo avvicinato da un mio elettore: “Oh, ma non vedi cosa stanno combinando? Non dici niente?”. Ed io: “Altroché, se non avrei da dirgliene quattro, ma che posso fare se una legge liberticida me lo impedisce?”.
In realtà, per me è un sollievo e ho il tempo di vedere dove si va a parare senza dover sparare luoghi comuni. Ma il vantaggio non finisce qui.
La stampa, che pure deve mangiare tutti i giorni, impossibilitata a montare confronti sull’aria fritta, si concentra sulle manovre del Governo, con inchieste serie e ricerche approfondite.
E ancora. Tutto l’elettorato si calma e comincia ad interessarsi personalmente alle vicende, dato che non può sfogare il suo tifo nei talk show finché, finalmente, in prossimità della scadenza dei dodici mesi, tutti i media sotto il balcone dell’opposizione ad ascoltare cosa essa ha maturato nel periodo di silenzio imposto.
Ecco, il Parlamento (che non a caso non si chiama Pensamento o Agiscimento), nato quando non c’erano computer né lavatrici nè trattori né word processor né l’Uomo sulla Luna, così com’è non serve più. Ora serve una concezione manageriale della politica. Il che non vuol dire abolire la democrazia, ma darle uno strumento più efficiente. Tipo (la butto lì) relazioni di Commissione, sottoposte online al parere dei cittadini e poi votate. Serietà, brevità, partecipazione.
In questo modo, magari, potremmo riuscire a coinvolgere i giovani e i delusi.
Sì, ma quella bella politica sanguigna, fatta di personaggi, urla, interruzioni, spintoni e levate di cartelli, dove la mettiamo? Niente paura. Una seconda legge garantirà ai nostalgici il diritto al vintage, offrendo loro un palcoscenico all’altezza.
Senza neanche una gran fatica: uscite da Palazzo Madama, girate a destra e in cinque minuti siete all’Ambra Jovinelli…
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