Qualche volta realizzo all’improvviso di trovarmi in un incubo. Allora mi do pizzicotti e mi strattono per svegliarmi, ma non serve: sono già sveglio da un pezzo, e quel che vedo è reale. Sono in una via, tutto circondato da zombies che si muovono lenti e guardano intorno, con le loro occhiaie croniche da morti viventi.
Zombies, chi sono
Ecco là il gruppo dei burocrati. Sono in fila davanti ad una parete; ne contano i mattoni, da sinistra a destra e, dopo averli contati, ricominciano di nuovo, da destra a sinistra. Senza sosta.
Dai loro orifizi escono spillati di A4, che si scambiano e divorano, per poi produrne altri, che emettono, in bollo, da un altro orifizio. Non ricordano più com’erano da vivi né saprebbero dire quando il loro metabolismo è cambiato. Passo accanto guardingo: non hanno unghie ma, se mi notassero, potrebbero paralizzarmi con raffiche di proiettili caricati a procedura.
Più oltre ci sono i politici di professione e di carriera. Zombies che avanzano a scatti, improvvisando deviazioni, dopo aver fiutato l’aria che tira. Anche quando sembrano riposarsi sono capaci di mosse repentine: alzano un braccio, tirano un calcio, lanciano un urlo. Le loro membra vibrano, i loro muscoli fascicolano; sono assolutamente irrequieti ma, a ben vedere, restano sempre sulla stessa mattonella. Sto alla larga: quando vogliono sanno cantare canzoni melodiose e costruire suggestioni assolutamente irresistibili. Le vittime si dirigono fiduciose verso di loro; inebriate, mentre vengono dissanguate.
E questi chi sono?
Uno diverso dall’altro, con lo sguardo in alto, intenti a sgomitarsi per scalare l’Albero della Cuccagna. Eh, sì, sono le categorie: medici, avvocati, artigiani, commercianti, corporazioni e sindacalizzati vari. Quando un concorrente si fa troppo accanto, cercano di strappargli un brano di carne, ma la loro miopia è tale che, spesso, ciò che addentano è il loro stesso braccio, avendone coscienza solo dopo essere arrivati all’osso.
Di qua, invece, siede un gruppetto ricercato di creature distinte, gelose del loro spazio, le quali, con gestualità misurata, spiegano qualcosa al vento, alitando un umore bilioso e superbo. Sono gli intellettuali normalizzati, i vati dei tempi che corrono, formidabili anticipatori del passato e acuti disquisitori del pel caprino. Convinti di respirare, sono gli unici a non mostrare sospetti sul loro vero stato e a non avvertire il lezzo della propria putrefazione.
Infine, numerosissimi, gli indifferenti. Brulicano a zonzo, con la testa piegata a guardarsi l’ombelico, senza una meta, intenti a non farsi pestare l’ombra. Si urtano fra loro e, senza girarsi, scansano un po’ o tornano indietro, stolidamente, come quei robottini aspirapolvere quando trovano un ostacolo.
Ma cosa sono queste grida?
Laggiù s’è fatta una calca e… oddio, no: hanno trovato una persona viva, e ora gli sono addosso. La burocrazia lo ha immobilizzato con una rete di circolari, mentre i politici gli cercano le giugulari. Le categorie, sospettando che non sia uno dei loro, o, peggio, un eretico, vanno a cercare pietre per lapidarlo. E mentre gli intellettuali s’appuntano un’arringa di difesa, da recitare a linciaggio terminato, gli indifferenti si mettono comodi per godersi al meglio lo spettacolo. Incredibilmente, alzeranno lo sguardo, ma solo per qualche istante, nascosti dietro le orbite del vicino. Io osservo inorridito le scene del mio incubo, sperando di trovare altri viventi senzienti con i quali organizzare qualcosa e trovare una via di salvezza.
Questi esseri mi fanno paura, ma non solo per la loro truculenza.
Gli è che dietro questa frenetica immobilità, dietro questo stressato torpore, intuisco una enorme energia, proveniente da chissà dove, che qualche meccanismo ha trasdotto in inerzia. E, dietro l’energia, una volontà, oscura e indecifrabile, di lasciar le cose come sono. Una volontà titanica di non-volere e che, senza memoria, disegno e scopo, oramai si vuole da sola.
Questi esseri mi fanno paura. Certamente non vivi (ma dei vivi invidiosi e curiosi), essi non son però neppure morti, per cui occupano spazio e intercettano raggi, sottraendo occasioni e visibilità al resto degli umani.
Pur terrificanti, tuttavia si possono combattere. Le loro azioni, anche quando immotivate e aggressive, sono prevedibili, e quando vedono una determinazione ad agire con buon senso si bloccano nello stupore. E poi, sebbene incapaci di esprimerlo, hanno un gran desiderio di essere sollevati dalla sfibrante fatica della quasi-esistenza. Usiamo loro questa carità: liberiamocene.
Affinché, in aeternum, in pace requiescant… e noi possiamo finalmente spiccare il volo.
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