Casimiro ha una complessa e grave patologia delle arterie, la quale richiede un intervento molto delicato, di quelli che un po’ ti devi inventare perché non c’è un caso uguale. Cionondimeno, viene operato con successo e poi va dal suo medico per riferire.
“Beh, allora com’è andata?”
“Dotto’, che le devo dire…” e, mostrando le cicatrici chirurgiche, commenta “mi hanno massacrato…”.
SSN – Sanità pubblica
Milena ha delle palpitazioni, probabilmente dovute all’eccesso di sigarette e caffè. Preoccupata, e insofferente della fila, invece di recarsi dal dottore di famiglia va in pronto soccorso, dove le fanno tutti gli esami, più un elettrocardiogramma, più una visita cardiologica. Poi, torna per farsi dare dei giorni di malattia.
“Ciao, Milena, allora mi pare tutto a posto”.
“Macché… sono andata la mattina e ho dovuto aspettare fino al pomeriggio. Uno schifo…”.
Né lei né Casimiro. però, hanno sborsato un centesimo.
Sanità privata
Riccardo, invece, soffre di ricorrenti mal di schiena, specie dopo il calcetto; cosa che, secondo lui, è molto sospetta a soli sessant’anni. Per cui si reca privatamente da un ortopedico il cui nome va parecchio in giro, e poi dal suo medico, con una prescrizione di integratori.
“Bene, Riccardo, sei più tranquillo ora?”
“Sì, però… trecento euro per una visita di cinque minuti”
“Ricevuta?”
“Oddio… mi sono vergognato a chiederla…”.
Caso diverso Pericle. Un giorno va al laboratorio analisi per ritirare i risultati ma non sono ancora pronti. Nasce una discussione allo sportello. Ora vuol parlare con i medici, ma non si può. Fa niente, entra lo stesso e, urlando, prende a calci gli strumenti. E va anche bene, considerando che altri prendono a calci gli operatori. Li picchiano. Li uccidono. Tipo che, se ti fanno solo causa, li devi ringraziare.
Ma cosa sta succedendo?
40 anni di ssn
Sta succedendo che, a quarant’anni dalla istituzione della sanità pubblica, due generazioni sono nate e cresciute nel meglio, senza avere memoria del peggio (peraltro dimenticato anche da quelli che, del peggio, memoria dovrebbero avere). Per cui si sono sviluppati due comportamenti.
Primo: una insofferenza per ciò che è già buono ma non è ancora in linea con le proprie aspettative, le quali tendono ad infinito.
Secondo: un senso di insicurezza ingiustificato che, spalleggiato dalle consulenze dell’esimio cattedratico, prof. Google, porta a rivolgersi al pezzo da novanta che, si ritiene, possa veramente risolvere il problema, dato che così stabilisce la voce di popolo.
Il bello è che il tipo che si lamenta perché l’infermiere che gli ha fatto il prelievo ha procurato un livido di otto millimetri sul braccio, e il tipo che si fa trattare come una pezza dal professionista a pagamento, sono la stessa persona.
Strano ma spiegabile.
Davanti all’operatore pubblico, ti poni come il beneficiario di un diritto. Se quello stesso operatore lo devi pagare, allora realizzi che lui ha il potere dalla parte del manico (che poi, in un certo senso, è così). E ti fai agnello.
Ora, il pericolo, per colpa di tutti, è che si torni a questo rapporto contrattuale, che il SSN aveva contribuito a superare. A farne le spese, per primi, saranno i pazienti sopra citati, che ho nel cuore perché non sanno quello che fanno. A seguire, i medici più empatici, che si ostineranno a restare nel tritacarne.
Non sono ottimista per il futuro. Certo, una campagna educativa, un’attenzione al problema, un sistema amichevole di accoglienza in ospedale, una migliore comunicazione, potrebbero cambiare il corso delle cose.
Del resto non ci vorrebbe nemmeno tanto: solo dei manager capaci.
Già. Manager capaci.
Credo sia più realistico sperare nel Genio della lampada…