Pare che non mi devo preoccupare perché le statistiche dicono che i crimini sono in diminuzione e quindi la mia è solo una non-sicurezza percepita. E allora? La percezione è importante. È sulla percezione che compriamo casa, mica sui calcoli del cemento armato. E così scegliamo il partner, mica studiando il suo CV. E poi la percezione ha elementi di conoscenza non misurabili, ma ugualmente validi.
Stato e sicurezza
Il fatto è che, hai voglia a dire, quando vedo che i crimini vengono commessi su persone e in luoghi che prima erano risparmiati, capisco che qualcosa sta cambiando. Le mie coordinate non sono più valide, mi sento più esposto e mi vado a comprare una pistola.
Dal momento che percepisco due cose:
– c’è più pericolo in giro
– lo Stato mi protegge meno.
Lo Stato! Ricordo ancora quella illustrazione sul libro di Pinocchio, con lui in mezzo ai due carabinieri: alti, coi baffoni e il cappellone. Odoravano potentemente di Stato; incutevano timore e fiducia. E magari è proprio qui la chiave.
Non vorrei una pistola: averla mi cambierebbe già la percezione del quotidiano. Come dire: vado in gita a Napoli col giubbetto antiproiettile perché c’è stata qualche pallottola vagante. Che gita sarebbe? Inoltre, mi impappinerei nel momento decisivo, indurrei una reazione più violenta nel rapinatore ma, soprattutto, la userei.
Io non credo sempre alla legittima difesa. In quella situazione, quel tipo che ti è entrato in casa, tu lo odi. Non è tanto per il danno economico (ladri, venite a trovarmi: ho una soffitta piena, niente soldi e devo cambiare il televisore). Ma è per la dissacrazione. Non puoi violare la tana, se no anche il coniglio ti azzanna.
No, tu quello lo vuoi proprio sparare, scaricandogli addosso tutta la paura dei mesi precedenti, l’indignazione per la sua tracotanza e la rabbia per le notizie sul giornale. Perciò, niente pistola.
Sicurezza: la percezione del rischio dei criminali
Ma torniamo allo Stato. Dico, se è così importante la percezione per condizionare i miei comportamenti, invece di focalizzare su di me, proviamo a focalizzare sul criminale. Il criminale ha paura di andare in galera e calcola il rischio. Lui sa che tra il crimine e la punizione c’è un mare. Lo devono identificare, prendere, processare tre volte (se i testimoni si presentano e non beneficia del patteggiamento). E poi, se va male, ci sono i condoni e gli indulti; a scadenza.
Per questo entra nelle case di giorno, a viso scoperto. Ha una percezione del rischio piuttosto bassa. Gliela dobbiamo alzare. Avrei diversi suggerimenti da dare allo Stato su cosa fare al proposito, ma mi limito ad uno solo: occuparsene.
Immaginate se in Parlamento discutessero davvero di una riforma contro la criminalità comune, rivedendo codici e procedure. Il cittadino percepirebbe un impegno, e anche il ladro. Solo questo? Certo, e, chiaramente, farla questa riforma
Stato: attento a non toccare Caino e sempre pronto a dimenticare Abele
Perché lo Stato degli ultimi decenni, da “la mafia non esiste” fino alle ultime norme salva-ladri, ha mostrato di non avere i baffoni; e nemmeno i pantaloni. Ha, invece, mostrato inclinazione al perdono, ha salvato i suoi dalla legge, ha addolcito le pene, ha depenalizzato, ha mandato dei deputati a piangere per le condizioni carcerarie. Uno Stato ben attento a non toccare Caino e sempre pronto a dimenticare Abele.
Scusate: ma che si doveva percepire?
Però c’è anche da dire che l’imprenditore veneto che chiede sicurezza, intanto che colleziona bazooka con proiettili avvelenati, è anche evasore seriale e paga gli straordinari in nero. Ragion per cui è probabile che uno Stato coi baffoni gli parrebbe oppressivo. Il che spiega, finalmente, come un popolo forcaiolo elegga, regolarmente, un Parlamento garantista.
E come il criminale, di questo messaggio, abbia precisa cognizione.
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