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Pos protagonista delle riflessioni e delle discussioni politiche degli ultimi mesi. Il suo utilizzo per piccole spese è argomento di contrastro tra clienti, esercenti e politici. Il dibattito è aperto attorno all’uso dei contanti. In questi giorni sono in arrivo ben due provvedimenti, contenuti nella legge di bilancio in fase di approvazione

Pos, ma quanto costa agli esercenti?

Altroconsumo ha realizzato una ricerca dedicata sul costo agli esercenti del mettere a disposizione i servizi digitali. Alla base di tutto, il fatto che per ogni pagamento senza contanti, vengono pagate delle commissioni alla banca da parte dei negozianti. Gli esercenti lamentano commissioni troppo alte a loro carico ogni volta che utilizzano un Pos. Il problema riguarda soprattutto i piccoli esercenti che non hanno la forza contrattuale delle catene della grande distribuzione. Non possono infatti giocare sull’elevato volume di transazioni per contrattare la riduzione delle commissioni. Per i piccoli bar di quartiere o paese, per una colazione si può arrivare anche a 50 centesimi di commissione.

Il governo per alleviare il peso delle commissioni, dal primo luglio del 2020 ha introdotto un credito d’imposta del 30%. Sulle spese pagate dagli esercenti per accettare pagamenti con carte, bancomat e altre modalità di pagamento digitale. Un’agevolazione valida solo per chi fattura meno di 400 mila euro l’anno.

I costi effettivi

Se ad esempio si paga con il bancomat la colazione al bar di 4,50 euro, Altroconsumo ci segnala che il negoziante può lasciare alla banca in commissioni da 11 centesimi di Unicredit, fino a 50 centesimi di Intesa San Paolo. Vuol dire più del 10% della cifra incassata. Una cena da 90 euro pagata con carta di credito può costare da 1,60 centesimi di Intesa San Paolo fino a quasi 4 euro di commissioni con Unicredit. A quet’ultime, sul singolo pagamento, si aggiungono le diverse centinaia di euro versate ogni anno per la gestione e la locazione del Pos.

 

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