A me il linguaggio mi fa morire. Prendi i termini vedere, guardare e osservare.
Vedere: esempio di conversazione
(al telefono) “Ciao amo’, che stai a ffa’?”
“Niente, teso’, sto a vede’ la televisione”.
Si intuisce una stanca e nervosa digitazione da pianista, sul telecomando, compiuta da un corpo divanato in orizzontale. Livello di attenzione, basico e fluttuante; una sorta di stato pre-onirico, da raccolta delle olive.
Guardare: esempio di conversazione
(al ristorante) “Senta lei… deve smetterla di guardare mia moglie”.
“Non so… non mi pare… lo stavo facendo?”
“Certo, è mezz’ora che ha gli occhi puntati alla sua scollatura”.
“Mi scusi… però, complimenti… davvero notevole…”.
Le funzioni cerebrali superiori sono disattivate a favore di quelle più elementari, gestite dalla parte antica e viscerale del cervello. Quella che abbiamo in comune con rettili e pesci.
Osservare: esempio di conversazione
(due astronomi dell’antica Greci) “Ehi Demetrios… ma quella stella rossastra…”
“Quale… Eutropio…dove…?”
“Ma lì, nello Scorpione… un mese fa non c’era…”
“Dici? Non so… sai, un mese col naso all’insù… la mia benedetta cervicale… devo essermi distratto…”
“Stai più attento, Demetrios… se no non scoprirai mai nulla. Domani le troverò un nome, ora andiamo a dormire che è tardi”.
“Veramente è presto… Lucifero è già sorto…”
“Buonanotte Demetrios…”.
“Buongiorno Eutropio…”.
Il senso delle nostre azioni
Ecco a cosa conduce la speculazione lessicale: a scoprire il senso delle nostre azioni. Vedere è un’azione passiva; guardare è istintiva; osservare è nobile e fruttifera.
L’osservazione genera la scoperta e, in più, la comprensione dei fenomeni. L’osservazione richiede tempo, anche tanto, anche tantissimo e non promette nulla. L’attenzione è focalizzata ma aperta al possibile e all’imprevisto. I neuroni, anche i più distanti e meno coinvolti vengono, uno alla volta, reclutati allo scopo (‘ma ora stavo facendo’ – ‘non importa, vieni con me’). E lavorano anche di notte. Ci si corica con una domanda e ci si sveglia con una risposta. Eureka, a colazione!!!
Per cui mi chiedo: ma i nostri ragazzi, che sarebbero capaci anche di attraversare le cascate del Niagara camminando su una corda senza staccare gli occhi dal telefonino, vedono, guardano o osservano?
Probabilmente dipende dal messaggio. Oppure dalla musica che suona negli auricolari.
Magari ci vorrebbe un termine unico che comprendesse tutti i significati, nell’encomiabile tentativo di ridurre un vocabolario che la nostra modernità ha reso, francamente, ridondante.
Oppure, forse, non è neanche più tanto importante.
Non quanto la domanda che segue: ma noi, i nostri ragazzi, li vediamo, li guardiamo o li osserviamo?
Leggi anche Psichiatria: schizofrenia, follia e follia lucida