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Il mio professore di psichiatria somigliava a Mandrake. Ne aveva il fisico, il volto, i capelli brillantinati e i baffi. Quando andai a chiedergli la tesi lui mi fissò, e mi parve che una squadra di finanzieri stesse frugando negli scaffali più riposti della mia mente per scoprire se ci fosse qualcosa di anomalo. Solo in quel momento realizzai che, in verità, lui era proprio Mandrake.

“Lo sguardo – mi disse in quell’occasione (e non so ancora perché) – lo sguardo rivela lo schizofrenico. Devi osservargli lo sguardo. E fai diagnosi”.

Psichiatria e schizofrenia

La schizofrenia. Cioè la tragedia dell’Io diviso, con le due metà che non riescono a mettersi d’accordo sulla definizione di ciò che è reale. Senza un capo che governi le passioni, le impressioni, i pensieri, le deduzioni. La psichiatria ci affascinava, a quel tempo. Io rifiutai la tesi ma altri amici ci provarono. Alla fine, però, di tutto il gruppo, una sola scelse di specializzarsi. La cosa non ci stupì: era l’unica che aveva dei problemi seri.

Chi non ha mai visitato i gironi della malattia mentale non immagina cosa sia la sofferenza autentica. La malattia psichica, per prima cosa, sfianca. Se il fratello razionale deve tenere a freno il fratello fantasioso, non gli restano che poche forze per tutto il resto.

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La schizofrenia. Cioè la tragedia dell’Io diviso, con le due metà che non riescono a mettersi d’accordo sulla definizione di ciò che è reale

Può capitare, allora, che una persona si trascini, per anni, nella penombra di una vitalità ridotta al lumicino. Un sempre-stanco che, in realtà, è un gladiatore che combatte ogni giorno con una tigre che non molla, senza potersi riposare nemmeno di domenica. Perché la tigre (questa è bella), il fratello instabile e fantasioso, pare non abbia altro merito che una infinita energia, che non si capisce proprio da dove venga.

E ce ne accorgiamo quando prende il sopravvento. Quando bisogna chiamare gli infermieri con la camicia di forza. Perché nemmeno la furia del corpo riesce ad esprimere completamente la potenza eruttiva che possiede l’Esistenza, quando si sia liberata dal vincolo del Senso.

Psichiatria e follia

Ma queste sono chiacchiere, dal momento che la follia resta un mistero per tutti. Massimamente per gli psichiatri, che, per non impazzire, raccolgono in un manuale regolarmente aggiornato, il DSM, tutte quelle situazioni di cui non han capito granché ma che, avendole definite, riguardano tutti gli altri, e non loro stessi.

Mistero la follia. Come ebbi a intuire alla fine di un pranzo, dopo che un generoso montepulciano aveva diffuso intorno ai commensali un gran desiderio di confidenza e cameratismo. “Non lo immagini – mi rivelò il mio vicino psichiatra, facendo il nome di un noto imprenditore locale – ma quello è completamente pazzo. Di una pazzia, però, che gli fa vedere le cose prima degli altri”. Hai ragione, accidenti. Prosit!

La follia lucida

Infatti, cosa accade se il fratello fantasioso, invece di abbattere il fratello saggio e andare in camicia di forza, lo addomestica e lo convince a servirlo? Abbiamo la follia lucida, quella compatibile con la realtà, difficilmente sgamabile, dal momento che parla la nostra lingua e che usa le posate a tavola. Ma che sempre follia è.

Dopo questa rivelazione ho provato ad affinare dei metodi investigativi per scoprire i pazzi lucidi. Ma non sono andato molto in là. Infatti, il pazzo lucido è in grado di controllare le sue manifestazioni sociali. Magari sa anche raccontare le barzellette. La sua malattia è nelle espressioni private; o, addirittura, solo nei suoi pensieri. Dove è difficile entrare.

Però, dove può andare uno così, con questo po’ po’ di talento? Ovvio: o a fare soldi o a comandare. E restringendo l’area, in effetti, ne possiamo trovare parecchi, tra i ricconi e i potenti. Gente senza empatia, strutturalmente incapace di avere pietà, che gira intorno al proprio Ego come un asino intorno alla mola. Priva di uno scopo che abbia senso se non quello di veder rappresentata la propria follia nelle azioni e, possibilmente, nel disagio degli altri.

E mi sono ricordato di quello che diceva il prof. Mandrake: lo sguardo.

Ecco l’indizio. Gli sguardi su certi manifesti elettorali e pubblicitari: questa è gente che rimira il proprio volto sorridente, per la strada o sui rotocalchi e che, quando vi fissa attraverso la telecamera durante un’intervista, pare voglia risucchiarvi nel loro di caleidoscopica vacuità.

I folli a piede libero e i loro sguardi agghiaccianti. Ma dico io… non potrebbero almeno indossare degli occhiali da sole?

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