Perché ti lamenti, Donna Malinconia? Non capisci che sei una Felicità a tua insaputa?
L’unica Felicità duratura.
E l’unica sostenibile.
L’unica presentabile.
Dov’è finita la Felicità?
Dov’è finita la Felicità? Una volta era anche nelle Costituzioni; oggi, forse, non è più nemmeno nelle canzoni. Io non ho idea di cosa sia la Felicità, ma so benissimo cos’è l’infelicità. Poiché la Felicità è un concetto limite, come la Libertà, la Democrazia, il Bene, e si può definire solo in negativo.
È importante avere un concetto limite: ci autorizza a progettare lungo e a non fare calcoli di convenienza. Insomma, è una cosa per cui vale la pena, anche se del progetto non vedremo il compimento. E, allora, concetto per concetto, perché non spendersi per la Felicità? Io la immagino come una vetta alta ed eternamente coperta dalle nubi, sicché non se ne distinguono i contorni; però è certo che da lassù si goda di un panorama impagabile.
Ora, è proprio questo l’importante: mettersi in marcia. Intanto, quando decidi di partire, hai già cambiato la tua vita, dal momento che è una decisione che impegna e mette alla prova. Inoltre, ti pone in un itinerario lineare e non più circolare.
Felicità non è soddisfazione…
Noi siamo tutti su un percorso circolare, quello della Soddisfazione, che funziona così: disagio – desiderio (in genere indotto) – acquisto – soddisfazione – assuefazione – disagio e così via. Ci affanniamo nella ruota del criceto per ritrovarci sempre nello stesso posto. Per questo dobbiamo invece imboccare il percorso lineare della Felicità, dove ogni passetto è sempre in avanti ed anche una caduta è un progresso.
Sul cammino della Felicità sei costretto a conoscerti e a valutare le cose. Hai un riferimento e un criterio. Capisci che astio e odio ti fanno solo perdere tempo e che la malattia è una deviazione lunga, non un ostacolo.
… e non è nemmeno gioia
Ora, ognuno si può scegliere il navigatore che vuole, verso la Felicità, che sia la Lettera di Epicuro o il Trattato Etico-Filosofico della Società dei Magnaccioni, ma il primo passo è sempre la consapevolezza, che non è mai gioiosa. La gioia non c’entra niente e non può essere altro che una piacevole sosta, destinata a diventare subito ricordo. Chi si incammina deve sapere che avrà davanti molti giorni tristi, ma ogni giorno la tristezza sarà diversa, fino a diventare un’altra cosa. E, man mano che andrà avanti, cambierà la flora; si scopriranno fiori nuovi e nuovi odori.
Cambierà anche la fauna: si scopriranno persone nuove, sotto quelle vecchie, che, come i funghi migliori sotto l’ombra, andranno cercate sotto il sedimento dei pregiudizi ordinari.
Poi, quello che si troverà in vetta, non lo sa nessuno; ma ognuno saprà quello che ha lasciato a valle.
A questo punto resta da chiedersi per quale motivo abbiamo barattato la Felicità con la Soddisfazione. Probabilmente perché in quest’ultima c’è del miele: è comoda, ripetibile, non richiede sforzo mentale e ha sempre l’odore buono della novità.
Invece, è molto chiaro perché la Felicità non compaia nei discorsi del Potere.
L’Uomo alla ricerca della Felicità non ha bisogno di guida, è autonomo, diventa ogni giorno più forte e meno ricattabile. Certo, si può fargli del male: ma lui ha un metodo, e saprà uscirne. Ma, soprattutto, all’Uomo in cammino non va di perdere tempo. Potrà capitargli di fare la fila al CUP ma il giorno dopo pretenderà che la cosa sia risolta. Lui ha un’idea del Meglio e la persegue.
La Felicità è un percorso individuale nell’ambito di uno stradario condiviso. È materia per la Politica. Se i partiti non ce l’hanno nei loro programmi è perché poi, bene o male, se ne dovrebbe parlare.
E hai visto mai che, Dio non voglia, ci venga in mente di fare il primo passo verso la direzione giusta?
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