Grana Padano da il via alla nuova campagna pubblicitario del formaggio DOP più consumato al mondo. Lo spot è firmato da Giuseppe Tornatore sulle note musicali di “Gabriel’s Oboe” di Ennio Morricone.
Grana Padano, Giuseppe Tornatore crea il nuovo spot
Renato Zaghini, presidente del Consorzio Tutela Grana Padano, annuncia la nuova campagna di comunicazione internazionale. La comunicazione sarà trasversale su tutti i mezzi: tv, radio, stampa e digital, in Italia e nei paesi della “Golden area europea”. A dare un valore esclusivo alla campagna è lo spot. Girato nei luoghi storici dell’abbazia cistercense di Chiaravalle, la terra dove è prodotto e stagiona oggi il Grana, vede la partecipazione di due premi Oscar. Nella realizzazione dello spot c’è la regia di Giuseppe Tornatore sulle note musicali del brano “Gabriel’s Oboe” di Ennio Morricone.
Il progetto creativo, messo a punto dall’Agenzia Adv Service Plan Italia, ha l’obiettivo di evolvere il posizionamento di Grana Padano da DOP più consumato al mondo a Brand Globale. L’importante pianificazione mezzi, nazionale ed internazionale, è stata messa a punto dal media planner Wavemaker. Dal 9 ottobre lo spot sarà trasmesso sulle tv nazionali dei Paesi target.
Obiettivo sostenibilità
Biodiversità e sostenibilità dell’agricoltura e della zootecnia italiane, sono i principi irrinunciabili del Consorzio Tutela Grana Padano. Dopo le ultime novità nel mondo, la conferma del proprio no ai cibi sintetici e a modelli alimentari che vogliono omologare al ribasso le produzioni agricole. “Per i produttori di Grana Padano DOP è vitale ogni iniziativa tesa a contrastare i cibi sintetici – sottolinea Renato Zaghini, presidente del Consorzio di Tutela – Provengono soprattutto da produzioni OGM, che interferiscono in modo negativo con il microbiota umano, e quindi antitetici alle produzioni di qualità, frutto di materie prime provenienti da ben precise zone di produzione”.
Il Consorzio denuncia come questi prodotti nascano soprattutto per creare grossi profitti a scapito della qualità. “Li producono infatti soprattutto gruppi multinazionali che, non potendo far proprio il business del cibo buono, tradizionale e legato al territorio – ribadisce Zaghini – stanno puntando con grande determinazione verso questo cibo truffa”.