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Quando papa Giulio II incaricò Michelangelo di affrescare la volta della Cappella Sistina, questi rispose: “Perché non lo dici a Raffaello? Io non sono un pittore”.

Poi fece quello che ancora si vede. Rovinandosi gli occhi e la schiena sulle impalcature, con un lavoro che oggi verrebbe marchiato come manuale e affidato ad un extracomunitario.

michelangelo

Ritratto di Michelangelo – disegno di Daniele da Volterra, detto il Braghettone (1509 – 1566)

Brunelleschi eresse a Firenze quella che è la più grande cupola in muratura mai costruita.

In soli sedici anni; meno dei tempi attualmente necessari per completare un’opera pubblica.
Non c’era cemento armato; non c’era autocad. E non c’erano travi così lunghe per tener su la struttura durante la costruzione. Non c’era nemmeno più memoria del calcestruzzo dei Romani.
Eppure qualcuno finanziò quella follia; e Brunelleschi osò cimentarsi con essa, inventandosi delle tecniche di costruzione e, tanto che c’era, anche le macchine edili per portare in alto i materiali.
Il bello è che lui non era neanche un architetto, bensì un orafo. Non c’azzeccava, ma tant’è.

brunelleschi michelangelo

Filippo Brunelleschi – bulino su rame di Nicolas de Larmessin, da “Académie des Sciences et des Arts” scritto da Isaac Bullart e pubblicato ad Amsterdam nel 1682

Per l’ignorante integrale (quale io sono in materia di arte) ogni notizia è fonte di stupore. Però, dico: che gente era, quella? 

Come nasce il genio? Come si coltiva? Qual è il giusto concime per farlo crescere? Quante volte si annaffia?

Pensa che ti ripensa (esercizio opportuno, dato l’argomento), credo di aver trovato alcune condizioni favorenti.

1. Il Maestro. È essenziale per la trasmissione del sapere. In giro è pieno di docenti, qualche insegnante e pochissimi Maestri. Il Maestro ti picchiava e ti amava e tu, allievo, quando ne incontravi uno, lo riconoscevi, gli portavi la borsa e non gli chiedevi di promuoverti.

2. La Spregiudicatezza. Non importa quanto sia stupido il pregiudizio intorno o quanto spietata sia la repressione. Il genio deve sentirsi libero dentro e, possibilmente, avere un senso morale più elastico del caucciù.

3. L’Autodisciplina. Per quanto scapestrati sembrassero e per quanto incredibili fossero le loro biografie, quegli uomini avevano il senso del compito da portare a termine. Ribelli a tutto, si facevano tiranneggiare dal progetto.

4. L’Orizzonte. Dev’essere ampio, lontano, indistinto, che ci puoi immaginare di tutto, compreso i mostri. Se hai il fisico, giova trovarsi alla fine di un’epoca o davanti ad una dimostrazione che ti azzera le certezze.

5. La Presunzione. Che, varrà ricordare, non è lo stesso che maleducazione. Il genio deve sputare contro il vento, essere incosciente come Icaro e ostinato come Sisifo. Dev’essere un bestemmiatore delle convinzioni correnti, convinto d’aver ragione contro mille. Noi diremmo “I can”; sì, vabbè, ma chi ci crede davvero senza almeno un aiutino?

Non so quanti di questi ingredienti siano oggi disponibili né dove si vendano.

Mi pare di vivere in un mondo di istruiti senza cultura, di intelligenze senza idee, di invenzioni senza scoperte. 

Fatta la tara del mio pessimismo, sta di fatto che, considerando la decimazione fatta dalla peste del ‘300 e considerando che la maggior parte della popolazione era al tempo analfabeta, ci fu, nel Rinascimento e dintorni, una concentrazione di geni davvero incredibile, che aspetta di essere spiegata.

Dei quali geni resta poco, se non quel che hanno lasciato. Che è nei musei, ma anche dietro l’angolo, nel paesello sconosciuto o nel quartiere dove abbiamo giocato da piccoli.

Odio la retorica e il patriottismo, e infatti non meno vanto. Diciamo, però, che abbiamo un dovere verso quei connazionali.

Magari non sarà niente, ma partiamo per l’Italia. Non c’è bisogno di visto e non abbiamo ancora visto.

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