Dopo l’11 settembre le librerie si riempirono di copie del Corano: l’Occidente aveva scoperto, tardi e male (molto male) che esisteva un’altra metà del cielo. E voleva saperne di più. Ora mi augurerei che le librerie si riempissero di libri di Dostoevskij, Čechov e Tolstoj. Così scopriremmo cosa vuol dire lo spirito di una Nazione, ovvero come sia fatta una Nazione che ha uno spirito.
C’è invece un assordante rumore di fondo creato da una moltitudine di persone che, non avendo niente da dire, scalpitano per poterlo dire, pescando a strascico luoghi comuni in naftalina.
Lo spirito nazionale favorisce le azioni eroiche ma anche i disastri.
Lo spirito nazionale tedesco, in conflitto con l’emergente non-etica capitalista, fu una delle cause della seconda guerra mondiale.
Per questo, quando si trova uno spirito nazionale, bisogna capirlo e rispettarlo.
Perché, ricordo a me stesso, fu lo spirito nazionale russo a consentire quegli eroismi che sconfissero il nazismo.
Questo ricordo è imbarazzante per un Occidente che ha sistematicamente smantellato con la forza governi legittimi un po’ in tutti i continenti e questa guerra è arrivata, per lui, come una boccata di ossigeno.
In crisi di credibilità, con una popolazione sempre più astensionista, senza più valori, governata da burocrazie cieche e prone al potere finanziario e, soprattutto, incapace di portare avanti la bufala dello sviluppo infinito, non gli è parso vero di riempirsi la bocca con quei principi di democrazia e diritto internazionale che ha bellamente calpestato fino a ieri.
Scusate, non dovrei dirvelo, ma quei cinquecentomila morti irakeni sono serviti a dare concessioni petrolifere ai Paesi che li hanno bombardati. Italia compresa.
Chiusa parentesi. Ma il punto è un altro.
L’Occidente, negli ultimi trent’anni, ha cercato di assimilare lo spirito nazionale slavo (sì, c’è una Nazione slava, che arriva ai nostri confini), cercando di chiudere nello stanzino l’elefante russo. Trent’anni di promesse di sviluppo e democrazia che hanno fatto dell’Ucraina (e non solo) una terra di badanti. Come la mia paziente georgiana: mi fa notare che, sotto l’Unione Sovietica, la sua famiglia aveva un’impresa, lei faceva l’ingegnere civile e la sanità pubblica l’aveva salvata “a gratis” da una grave malformazione cardiaca.
C’è una Nazione slava.
La Russia zarista entrò in guerra per stare a fianco dei fratelli serbi. Ho visto personalmente un Ucraino, un Bosniaco e un Serbo conversare ognuno nella propria lingua e capirsi.
Gli Ucraini hanno accettato il cattolicesimo ma mantenendo il rito ortodosso, dove le messe durano anche quattro ore.
Lo sentite anche voi l’odore di uno spirito?
Ma Putin perderà la guerra, comunque dovesse andare, perché la promessa occidentale dovrà tradire ancora milioni di slavi prima di rivelarsi.
Perderà perché ha ridato all’Occidente ancora un po’ di tempo, prima che la verità di quella che stimati economisti chiamano ‘stagnazione secolare’ diventi realtà percepita da tutti.
Perderà perché ha seguito lo spirito nazionale, invece di proporsi come alternativa alla truffa della finanza globale.
Ma non è questo il punto.
Il punto è che l’Europa arriva agli Urali.
Abbiamo condiviso con i Russi la tragedia di due guerre. Alla corte dello zar si parlava francese. San Pietroburgo è stata disegnata da architetti italiani.
Ma una reciproca diffidenza ha separato i fratelli d’Europa (quella vera, non quella della UE) per secoli.
C’era l’occasione d’oro, con la caduta del muro di Berlino e la Russia in ginocchio, per tendere la mano alla Nazione slava e inventare insieme un nuovo spirito europeo, com’era forse nella mente dei padri fondatori di Ventotene.
Saremmo diventati un terzo polo fortissimo.
Ma abbiamo scelto la colonizzazione, e ora portiamo acqua con le orecchie ad America e Cina.
Quando le truppe napoleoniche stavano per arrivare a Mosca, il generale Kutuzov tranquillizzò i suoi, dicendo: “Vedrete, mangeranno i loro cavalli”. E tanto fu.
Oggi, probabilmente, direbbe: “Vedrete, gli Occidentali mangeranno i loro derivati”. E sbaglierebbe.
Perché saranno i nostri derivati a mangiare noi.
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