Il presidente dell’Università per la Pace Mario Busti ha indirizzato una lettera aperta al sindaco di Ancona, Valeria Mancinelli. E’ la risposta alla posizione espressa dalla Mancinelli durante la manifestazione per fermare il conflitto in Ucraina tenutasi in Ancona lo scorso 27 febbraio.
Riportiamo il testo integrale.
Ucraina: la lettera aperta dell’Università della Pace al Sindaco di Ancona
“Le scriviamo apertamente in quanto nel nostro appello per fermare la guerra in Ucraina individuavamo, tra gli altri autorevoli referenti, proprio voi sindaci quali soggetti attivi per avviare gemellaggi. E costruire ponti di dialogo, di solidarietà e di pace soprattutto, ma non solo, con i vostri omologhi sulla linea del fronte.
Ebbene: ci ha sorpresi la sua valutazione dubbiosa sugli appelli. E sostanzialmente favorevole anche all’invio di armi all’esercito ucraino che resiste all’invasione russa.
Posizione questa, dal nostro punto di vista, pericolosamente avallata e votata come sappiamo addirittura dal nostro Parlamento e dall’Europa.
Le armi sia alla Russia che all’Ucraina gliele abbiamo già vendute, non occorre inviarle di nuovo.
Inviare armi è come gettare benzina sul fuoco, con un alto rischio che finiscano in mani sbagliate, come è successo tante altre volte.
Ci sembra importante che il movimento pacifista ucraino abbia scritto ‘non inviate armi!’.
Le armi non sono la soluzione, come afferma spesso Papa Francesco.
Occorrono proposte nuove capaci di disinnescare la violenza con l’intelligenza della speranza e la forza della concretezza.
L’unico intervento che riteniamo oggi possibile è piuttosto un immediato ‘cessate il fuoco’ con l’inserimento di imponenti forze d’interposizione di Peace keeping insieme, perché no, a Corpi Civili di Pace e/o altre forze organizzate capaci di fermare la guerra e difendere la popolazione disinnescando l’escalation della violenza.
Che effetto produrrebbe tale soluzione già sperimentata in altri scenari e proposta da alcune organizzazioni per la pace ?
Abbiamo già dimenticato la lezione dell’Afghanistan, costata all’Italia ben 8,7 miliardi per non cambiare nulla, se non una vergognosa ritirata?
Altro che esportare democrazia.
Armare gli oppositori di Gheddafi ha forse portato pace in Libia? E in Siria? Un deserto di macerie fumanti…
Riteniamo inoltre sbagliato cercare analogie tra la situazione in Ucraina e la lotta partigiana italiana perché – come è noto – ci troviamo di fronte ad una potenza nucleare ed in un’epoca, quella atomica, in cui ogni atto di guerra è fuori dalla razionalità.
Per concludere, crediamo sia assolutamente urgente non ripetere vecchi tragici errori che hanno causato tanti lutti e carneficine.
Apriamoci alla possibilità concreta di costruire una vera convivenza.
Come Università per la Pace moltiplicheremo gli sforzi e i nostri doverosi contributi agli studi e alle ricerche delle Scienze per la Pace. Oltreché alla costante necessità di costruire e rafforzare politiche finalizzate a prevenire ogni guerra”.
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