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Chiusa la mostra “Oro e colore nel cuore dell’Appennino” di Fabriano, la Madonna dell’umiltà di Allegretto Nuzi è tornata a San Severino Marche. Ed è stata affidata alle mani di un esperto restauratore che ha allestito il laboratorio all’interno della Pinacoteca.

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La Madonna dell’umiltà di Allegretto Nuzi – 1366

San Severino Marche: la Madonna dell’umiltà viene restaurata

La ‘Madonna dell’umiltà’,  opera straordinaria di Allegretto Nuzi, è tornata casa, nella Pinacoteca civica Pietro Tacchi Venturi di San Severino Marche. E si fa, se possibile, ancora più bella. 

Infatti, dopo essere stato concessa in prestito a Fabriano per la mostra “Oro e colore nel cuore dell’Appennino”, ora è in fase di restauro.

Giacomo Maranesi, il restauratore di Fermo che l’ha presa in cura, ha allestito un vero e proprio laboratorio di all’interno delle sale espositive. Così, durante le ore di apertura al pubblico, i visitatori potranno assistere, in tempo reale, alle operazioni e a tutte le fasi di recupero del capolavoro.

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Il laboratorio di restauro allestito nella Pinacoteca civica

La Madonna dell’umiltà di Allegretto Nuzi

La Madonna dell’umiltà è una preziosa tempera su tavola di 164,5 x 125 centimetri.

E’ un’opera degli anni della maturità di Allegretto (1315-1373), infatti è datata 1366.

“Allegretto – spiega il curatore della mostra fabrianese, Andrea de Marchi – introdusse nelle Marche tipologie ancora ignote di complessi polittici e squisiti altaroli per la devozione individuale. Nelle iconografie fu innovatore, contribuendo alla diffusione della Madonna dell’Umiltà in area adriatica. Piegando le storie della Passione a interpretazioni originali e toccanti.

Nelle tecniche pittoriche fu sperimentatore, combinando con grande libertà i punzoni per comporre i decori floreali dei nimbi e dispiegando scintillanti tessuti operati con fantasie di uccelli e tartarughe. Col colore sgraffito per rimettere in luce l’oro del fondo. Da Fabriano dialogò strettamente coi migliori pittori fiorentini suoi coetanei, con Puccio di Simone che portò a lavorare con sé fra il 1353 e il 1354, coi fratelli Andrea e Nardo di Cione, gli Orcagna”.

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