In un interessante saggio pubblicato nel 1959, intitolato La Civiltà Appenninica, l’archeologo Salvatore Puglisi sostiene l’esistenza di un’antica
civiltà che pone le proprie basi sulla pastorizia e che anticipa le altre popolazioni italiche, compresa quella etrusca, estesa dalla Liguria alla Sicilia e sviluppata lungo la dorsale appenninica.
Il pastore e la Civiltà Appenninica
Questa civiltà, nata dalle migrazioni di popoli (prevalentemente cacciatori) dalle steppe dell’Asia Centrale verso l’Europa e l’Italia, si sarebbe fusa con la cultura delle comunità di agricoltori stanziali. Le due popolazioni finiscono, così, per unirsi, e dar vita ad una civiltà basata sull’allevamento e la pastorizia. Liguria, Emilia e Marche sono i punti di snodo fondamentali di questa neonata comunità che produce le prime terrecotte: il pastore è, secondo Puglisi, il primo artista italiano, che realizza in modo assolutamente nuovo e inaspettato arte, esprimendo un autonomo senso estetico compiendo un gesto, all’apparenza, inutile: dipinge e decora, con motivi geometrici, i manufatti di uso quotidiano.
Gli archeologi, infatti, hanno rinvenuto diversi giacimenti appenninici in caverne naturali, nei pressi di sorgenti o corsi d’acqua, elemento indispensabile per la vita del pastore e delle sue greggi, specie durante gli spostamenti. Con lo stabilizzarsi dell’economia pastorale, inizia a fiorire la ceramica dipinta: nelle Marche in particolare, la Civiltà Appenninica a ceramica ornata vede, grazie alla sua indipendenza e rigogliosità, la persistenza di piccole comunità agricole insediate lungo le terrazze fluviali, in una società patriarcale ed autoritaria.
Il fenomeno delle Primavere Sacre
Il dinamico e continuo spostamento di gruppi etnici crea, oltretutto, il fenomeno delle Primavere Sacre, da cui si pensa la Civiltà Picena derivi: il fenomeno consiste in un distacco di famiglie dalla comunità Sabina per trasferirsi in territori da colonizzare, secondo la tradizione seguendo il volo di un picchio verde, simbolo tutt’oggi della Regione Marche. La migrazione avveniva, appunto, in primavera, nel momento del trasferimento verso i pascoli estivi, abbandono pratico e rituale, temporaneo a volte, definitivo altre, della precedente sede. Questo fenomeno potrebbe essere, quindi, la mitizzazione di un generico distacco dal vecchio nucleo comunitario verso altri territori, nel periodo della transumanza.