“L’alpinismo è l’arte di percorrere le montagne, affrontando i massimi pericoli con il massimo della prudenza. Viene qui chiamata arte la realizzazione di un sapere in un’azione” scrive René Daumal nel suo romanzo incompiuto Il Monte Analogo e, probabilmente, dell’alpinismo una definizione migliore non si potrebbe trovare.
La candidatura dell’alpinismo a patrimonio Unesco
Dal 2019, l’alpinismo è ufficialmente patrimonio immateriale dell’umanità. La candidatura è stata presentata nel 2018, congiuntamente da Italia, Francia e Svizzera, a seguito di un’idea emersa ormai più di 10 anni or sono. Nella presentazione sono stati sottolineati gli aspetti sociali, culturali e lo spirito transnazionale della disciplina, tanto che l’UNESCO è arrivato a riconoscere in essa una vera e propria forma di arte, rispettosa dell’ambiente, ispirata a principi di libertà e solidarietà, definendolo “l’arte di scalare le montagne e le pareti rocciose, grazie a capacità fisiche, tecniche e intellettuali”.
“Nel testo consegnato all’UNESCO abbiamo voluto evidenziare l’inutilità dell’alpinismo. Un’inutilità che rappresenta un gesto di intelligenza nel rapporto tra uomo e natura proprio grazie al fatto di non avere uno scopo”, ha spiegato Luigi Cortese, geografo tra i principali promotori dell’iniziativa.
L’alpinismo ha da tempo immemore stuzzicato la fantasia di poeti, artistici, scrittori. Uno su tutti, Giovanni Pascoli, nella poesia La Piccozza, contenuta nella raccolta Odi ed inni, celebra l’ascesa fisica – e mentale – di un alpinista che si muove a fatica, con solo l’aiuto di se stesso, nei freddi ghiacci dei monti, forse metafora del percorso vitale di ognuno… La particolarità è che Pascoli, il poeta dimesso delle piccole e umili cose, ammanta questo componimento di epicità, sottolineando a più riprese la solitudine totale della salita e il suo valore eroico:
[…]
E salgo ancora, da me, facendomi
da me la scala, tacito, assiduo;
nel gelo che spezzo,
scavandomi il fine ed il mezzo.
Salgo; e non salgo, no, per discendere,
per udir crosci di mani, simili
a ghiaia che frangano,
io, io, che sentii la valanga;
ma per restare là dov’è ottimo restar, sul puro limpido culmine,
o uomini; in alto,
pur umile: è il monte ch’è alto;
ma per restare solo con l’aquile […]
Dopo questa conquista, non sono mancate voci velatamente polemiche, come quella del grande alpinista Reinhold Messner, che si è posto, in un’intervista, il problema di definire quale alpinismo sia effettivamente patrimonio dell’umanità: “Ecco, nella mia vita io ho fatto qualcosa di diverso. Secondo me va considerato l’alpinismo tradizionale, quello che va dal 1786 con la prima salita del Monte Bianco ad oggi, che è un fatto culturale, un approccio con la montagna. Questo è un bene che va messo sotto tutela. Personalmente sento la responsabilità di salvare la narrativa dell’alpinismo tradizionale, di raccontarlo affinché non si perda. Nei prossimi anni della mia vita ho deciso di prendere quest’impegno”.