Coronavirus, dopo i problemi relativi alla carenza di mascherine, alcol ed amuchina affrontati all’inizio dell’emergenza, ora si somma quello dei guanti, di difficile reperimento e il cui costo è lievitato.
Si tratta di una grave mancanza, anche perché i lavoratori di molti e differenti settori sono costretti ad usarli quotidianamente – basti pensare ai parrucchieri, alle estetiste, ai ristoratori e ai baristi – così come i clienti dei negozi, dagli alimentari e dai supermercati ma, in alcuni casi, anche nelle farmacie e nei negozi di abbigliamento.
Leggi anche: Coronavirus, in quali luoghi il rischio di infettarsi è maggiore
Coronavirus, la situazione guanti
I guanti monouso, in lattice o nitrile, stanno andando a ruba da quando è iniziata l’emergenza. Con lo scoccare della fase 2 e le riaperture, tuttavia, la situazione è ancora peggiorata, anche perché la fornitura di questi guanti “arriva più che altro dalla Cina, dalla Malesia e da Taiwan, mentre sono pochissime le aziende italiane. Inoltre questi dispositivi restano spesso bloccati alle frontiere per i controlli, rallentando così le consegne delle forniture”, spiega Andrea Avitabile, presidente di Federfarma Ancona.
Avitabile, poi, punta l’accento su un altro problema, cioè quello dei costi: i guanti arrivano alle farmacie con prezzi raddoppiati rispetto al periodo pre pandemia, a volte addirittura triplicati. I farmacisti, così, per non avallare la speculazione in atto, si trovano costretti a non acquistarli, rimanendone però sforniti: “ci sono fornitori che arrivano a chiedere ai farmacisti 12 euro per 100 paia di guanti”, continua il presidente di Federfarma Ancona.
Il problema è anche che non è possibile riconvertire la produzione di alcune aziende, come si è fatto con le mascherine ad esempio: i guanti sono prodotti troppo specifici.