Terremoto Roma, dopo la scossa di magnitudo 3.3 dell’11 maggio – che, per fortuna, non ha causato nessun danno -, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sta compiendo delle analisi gps sulla faglia che si estende da Fiumicino a Castel Madama.
Nel corso della storia anche la Città Eterna è stata spesso interessata da terremoti, di differente entità, oltre a subire, di rimbalzo quelli delle aree limitrofe, come quello dell’Irpinia del 1980, della Valnerina del 1997, dell’Aquila del 2009 o, più recentemente, quello del 2016 che ha raso al suolo una quantità considerevoli di paesi dell’entroterra appenninico.
Terremoto Roma, la possibile situazione
Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, ha sottolineato il fatto che Roma, nonostante abbia una pericolosità più bassa del resto dell’Appennino, non possiede certamente un’edilizia antisismica, come non la possiede il suo immenso ed antico patrimonio artistico artistico ed architettonico, e ha spiegato che, forse, i romani, non abituati ad affrontare eventi tellurici forti, dovrebbero prepararsi in qualche modo a scosse di maggiore intensità: “Perché dal 3° si arrivi al 5° ci vuole poco, uno scarto di centimetri sul sismografo. Ci sono faglie attive anche in centro, basti pensare alla scossa di qualche anno fa con epicentro sotto Castel Sant’Angelo”.
La faglia che attualmente l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sta monitorando si estende da Fiumicino a Castel Madama (Tivoli), ed è in aumento, spiega sempre Doglioni, di “un millimetro e mezzo all’anno, in un secolo 10/12 centimetri. Quindi è ipotizzabile una scossa capace di fare danni”.
Riguardo le possibili opere di prevenzione, Doglioni, oltre a raccomandare ai romani di prepararsi, magari assicurando il mobilio alle pareti domestiche, vorrebbe implementare la rete attuale, facendo crescere i chilometri di fibra ottica, azione che “permetterebbe di avere un controllo più diffuso e preciso”.