Coronavirus e gravidanza, non è un bel momento per le future mamme che si trovano a vivere in un momento in cui la pandemia da Covid-19 sta mettendo a dura prova il sistema sanitario italiano.
La massiccia presenza di casi positivi nelle strutture ospedaliere e i conseguenti rischi di contagio, infatti, ha reso necessaria l’adozione di ulteriori misure di sicurezza per salvaguardare donne incinte e nascituri, anche al fine di ridurre che il coronavirus venga trasmesso al neonato qualora la madre sia risultata infetta.
Finora la comunità scientifica non ha fornito un gran numero di ricerche sul rapporto che c’è tra gravidanza e trasmissione di coronavirus al feto. C’è, tuttavia, una ricerca realizzata in Cina, a Wuhan, proprio dove l’epidemia è scoppiata qualche mese fa, che ha non ha rilevato la presenza del virus nel sangue del cordone ombelicale, nel liquido amniotico e nel latte materno. Non sembrerebbero, dunque, esserci possibilità di trasmissione del coronavirus dalla madre al feto: il contagio potrebbe eventualmente avvenire dopo la nascita.
Ad ogni modo, tale ricerca scientifica si base su un numero di casi limitato, per cui i suoi risultati sono ancora poco significativi.
Leggi anche: Coronavirus, secondo Frontiers in Pediatrics non si trasmette dalla madre al feto
Gravidanza, cosa fare se si sospetta di avere il coronavirus
Il Ministero della Salute ha diffuso delle linee guida, illustrando agli operatori sanitari i comportamenti da tenere per ridurre il rischio di trasmissione del virus da madre a figlio e per tutelare il più possibile la salute delle donne incinte.
Il Ministero ha quindi pubblicato sul suo sito dei buoni comportamenti da tenere durante il Percorso Nascita, fornendo indicazioni alle aziende sanitarie. In primo luogo, le donne incinte che sviluppano sintomi tali da far sospettare di aver contratto il coronavirus possono contattare il loro medico di base, che può poi consigliare una visita presso un pronto soccorso ostetrico, isolato dal resto della struttura e dove gli operatori lavorano in sicurezza dotati di dispositivi di protezione individuali. A quel punto, la gestante verrà sottoposta a tampone qualora mostri difficoltà respiratorie, provenga da zone ad alto contagio o sia stata a contatto nelle due settimane precedenti con casi conclamati di coronavirus.
Dopo il prelievo, in attesa della risposta, le pazienti non potranno lasciare la struttura ospedaliera. Se l’esito è positivo, la struttura può decidere di trasferire la donna in un punto nascita meglio attrezzato, nei quali verrà seguita e si valuterà l’evoluzione della malattia.
Gravidanza e coronavirus, il momento del parto
Stando alle ricerche scientifiche di cui disponiamo e alle informazioni raccolte, parrebbe non ci siano motivi di prediligere il parto cesareo a quello vaginale. Per le madri positive è richiesto il prelievo di un campione di placenta e la conservazione degli annessi fetali (membrane ovulari, placenta, cordone ombelicale e liquido amniotico) per eventuali analisi successive.
Il neonato sarà subito sottoposto a tampone, in modo da assicurare che sia negativo alla nascita. Nel caso in cui la madre positiva manifesti sintomi lievi, è possibile che la struttura ospedaliera decida di gestirla nella stessa stanza del neonato; sarà compito degli operatori sanitari accertarsi che la madre rispetti i protocolli per ridurre al minimo il rischio di infettare il figlio (ad esempio, lavarsi spesso le mani, indossare una mascherina chirurgica al momento dell’allattamento, …). L’allattamento è consentito poiché non ci sono evidenze scientifiche sulla possibilità che il virus possa essere presente nel latte materno.
Se i sintomi di coronavirus nella madre sono invece aggressivi, la gestione deve avvenire in stanze separate in modo da non esporre il bambino a rischio contagio. Gli operatori preleveranno con il tiralatte il latte materno, in modo che non sia interrotto l’allattamento naturale.
Allattamento al seno
La madre, qualora positiva ma senza severe complicanze, potrà allattare al seno adottando tutte le precauzioni possibili per evitare di trasmettere il virus al proprio bambino, lavandosi le mani e indossando una maschera chirurgica. Nel caso si utilizzi latte materno spremuto con tiralatte manuale o elettrico, la madre deve lavarsi le mani e seguire le raccomandazioni per una corretta pulizia degli strumenti dopo ogni utilizzo. Se vi è la possibilità, considerare l’utilizzo di latte umano donato.
Se la madre presenta, invece, un’infezione respiratoria francamente sintomatica (febbre, tosse e secrezioni respiratorie, mialgie, mal di gola, astenia, dispnea), madre e neonato dovrebbero essere transitoriamente separati. In questo caso, andrebbe evitato il ricorso automatico ai sostituti del latte materno, implementando piuttosto la spremitura del latte materno o il ricorso all’uso di latte umano donato.
Nei casi di infezione materna grave la spremitura del latte materno potrà non essere effettuata in base alle condizioni generali della madre.
La compatibilità dell’allattamento materno con farmaci eventualmente somministrati alla donna con COVID-19 va valutata caso per caso.
Si ricorda che l’utilizzo del latte materno spremuto di madre SARS-CoV-2 positiva, per il proprio neonato, all’interno di una Terapia Intensiva Neonatale segue protocolli specifici.
Coronavirus, cosa fare se il neonato è positivo
Ad oggi, la comunità scientifica ha osservato che il coronavirus causa sintomi gravi nelle persone anziane, malate o immunodepresse, mentre non sembra essere troppo rischioso per i bambini: i casi segnalati di sintomi gravi nei più piccoli sono stati estremamente rari.
Tuttavia, se il neonato risultasse positivo e sviluppasse poi sintomi aggressivi, è previsto il ricovero nelle unità di terapia intensiva neonatale, per aiutarli soprattutto con la respirazione, in attesa che il loro sistema immunitario riesca a debellare il Covid-19.
Leggi anche: Coronavirus, la Cina di nuovo in quarantena a causa della seconda ondata di contagi