Confcommercio Ascoli, nella persona del presidente provinciale Fausto Calabresi, ha chiesto al Governatore regionale Ceriscioli provvedimenti per il settore dei pubblici esercizi.
Bar, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, ecc. sono in uno stato di crisi profonda, iniziata con la cessazione obbligata dell’attività, con il rischio di veder chiudere definitivamente centinaia di imprese e di perdere altrettanti posti di lavoro. Le misure di sostegno per il comparto fino ad oggi disposte, secondo Confcommercio, sono ancora gravemente insufficienti e non si intravedono le condizioni di mercato per poter riaprire.
Confcommercio, poi, evidenzia l’esistenza di forti dubbi sulla data dalla quale le attività potranno riorganizzare il proprio lavoro, per sperare di soddisfare le richieste di un consumatore fortemente traumatizzato dagli eventi, spesso impoverito e con pesanti limitazioni alla socialità.
Confcommercio Ascoli, la lettera di Calabresi
Il presidente provinciale della Confcommercio Picena, Fausto Calabresi, ha scritto al Presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli, avanzando una serie di richieste.
In primo luogo, è stata chiesta al presidente la possibilità di effettuare la vendita per asporto, nel rispetto di tutte le regole in vigore, per gli esercizi commerciali di prodotti alimentari e un piano di riapertura in tempi brevi, con modalità certe e correlato ai dati statistici reali sulla diffusione del Covid-19 nelle provincie marchigiane: Calabresi, infatti, ha apprezzato l’intervento del Governatore per aver contestato valutazioni nazionali che vorrebbero la Regione Marche tra le ultime nella riapertura.
Poi, altre necessità emerse, sono state la cancellazione di imposte fiscali come Imu, Tari, affitto suolo pubblico e altre fino alla fine del periodo di crisi e la sospensione del pagamento delle utenze, unitamente alla possibilità di utilizzare spazi all’aperto più ampi nel periodo di convivenza con il virus, per favorire il distanziamento sociale e permettere agli esercizi di lavorare.
Nella lettera di richiesta si evidenzia, inoltre, che la liquidità non è ancora arrivata alle imprese, che la garanzia al 100% dello Stato per importi massimi di 25 mila euro è una cifra lontanissima dalle effettive esigenze e che le tasse, infine, non sono state cancellate ma solo differite, per di più con la beffa di pagare l’occupazione di suolo pubblico e la tassa su rifiuti non prodotti.