Tra Monte Priora e Castel Manardo è incastonato il secondo luogo, dopo Loreto, di culto mariano delle Marche e il primo per antichità: il Santuario della Madonna dell’Ambro.
L’edificio risale all’XI secolo, si pensa costruito sulla base di un precedente tempietto pagano, da una piccola cappella che poi, con il passare del tempo, è stata ampliata. Il sisma del 2016 lo ha danneggiato gravemente ma durante la notte di Natale del 2018 ha riaperto le porte ai fedeli; il santuario sorge proprio a lato del torrente Ambro, nel cuore di luoghi dai toponimi spaventosi, come a fugare le demoniache presenze che, nei Monti Sibillini, hanno lunga storia e tradizione.
Leggi anche: La storia della chiesa di Santa Maria in Pantano.
Madonna dell’Ambro, la storia
Leggenda vuole che, intorno all’anno 1000, la Madonna apparve a Santina, pastorella muta dalla nascita e a lei devota; la Vergine si palesò nei pressi del torrente Ambro, e disse alla giovane di far erigere una chiesa a lei dedicata in quel luogo. Come per miracolo, Santina riacquisì il dono della parola. Volendo far fede alla promessa fatta alla Madonna, la chiesa venne edificata.
Le prime notizie sul santuario si hanno nel 1073, in una pergamena che attesta l’esistenza di una chiesa dedicata alla Madonna in una località detta “Amaro”, che solo successivamente si trasformò in Ambro, probabilmente per un’errata trascrizione da parte di un amanuense.
Attualmente, il santuario è officiato dai Frati Minori Cappuccini.
La parte artisticamente più interessante della costruzione è quella della vecchia cappella, chiamata Cappella dell’Annunciazione, che si trova nella zona absidale, alla quale si può accedere da due porte collocate ai lati dell’altare maggiore, all’interno della quale, ancora oggi, si trovano diverse offerte votive lasciate dai fedeli. Sulle pareti e sulle volte si trova un bellissimo ciclo pittorico di soggetto mariano, dipinto tra
1610 e 1611 da Martino Bonfini da Patrignone (attuale Montalto delle Marche). Lì sono raffigurati momenti salienti della vita della Vergine più quattro profeti e dodici sibille, in periodo rinascimentale spesso dipinti insieme. Mentre i primi, in età pagana, hanno preannunciato la nascita del Messia da una madre vergine, le altre hanno predetto l’avvento di un nuovo regno. Le dodici sibille sono tutte effigiate con il proprio nome e un attributo che le caratterizzi, tranne una: che si tratti della prima raffigurazione della Sibilla Picena? Oppure è la rappresentazione della pastorella Santina, considerata anche lei facente parte del disegno divino?
Quella sibillina è una tradizione fortemente radicata negli abitanti dei Monti Sibillini, dove pagano e cristiano, sacro e profano erano soliti intrecciarsi continuamente e la Sibilla Appenninica, o Picena, vive ancora nella tradizione orale e popolare.