L’Oms ha ufficialmente lanciato l’allarme annegamento, rendendo pubbliche le stime annuali relative alle morti per annegamento. Nel mondo, sarebbero circa 360.000 le persone che, ogni anno, perdono la vita in acqua.
Le categorie più a rischio sono i bambini e coloro che hanno maggiore accesso all’acqua. Nella categoria dei più piccoli, la morte per annegamento è alla pari di quella per morbillo e viene subito dopo la meningite e l’Hiv.
L’annegamento è la terza principale causa di morte per incidente non intenzionale in tutto il mondo, pari al 7% del totale dei decessi correlati a lesioni.
Stando alle stime dell’Oms, oltre il 90% dei decessi per annegamento si verificherebbero nei paesi a basso e medio reddito; più della metà delle morti per annegamento si verifica nella regione del Pacifico occidentale dell’Oms e nella regione del Sud-Est asiatico dell’Oms; i tassi di mortalità più alti si registrano nelle regioni africane e risultano addirittura 20 volte più elevati di quelli registrati in Germania e in Inghilterra.
Morti per annegamento: i fattori di rischio
Quando si parla di annegamento, l’età è uno dei principali fattori di rischio. Il tasso più alto di morte per annegamento riguarda la categoria dei più piccoli, ovvero dei bambini tra 1 e 4 anni, seguiti dai piccoli tra i 5 e i 9 anni.
Annegamento: le categorie più colpite
I maschi sono più a rischio delle femmine, con un tasso di mortalità raddoppiato rispetto a quello delle femmine. Inoltre, la categoria maschile presenta maggiori probabilità di ricovero in ospedale per annegamento non mortale. Tra le cause che espongono i maschi a maggiori rischi vi sono: un comportamento più tendente al rischio, una maggiore esposizione all’acqua e l’adozione di pratiche sconsigliate prima di nuotare (bere alcol, nuotare da soli, nuotare di notte).
Naturalmente, chi ha maggiore accesso all’acqua, sia per svago sia per professione, ha più probabilità di annegare. Stesso discorso per coloro che vivono vicino a fonti d’acqua aperte, fossati, laghetti, canali di irrigazione o piscine. Quest’ultime sono particolarmente a rischio.
Tra gli altri fattori che incrementano il rischio di annegamento troviamo:
- lo stato socioeconomico inferiore, l’appartenenza a una minoranza etnica, la mancanza di istruzione superiore;
- bambini lasciati soli vicino all’acqua;
- utilizzo di alcol e droghe in prossimità dell’acqua;
- gravi condizioni mediche;
- scarsa familiarità con i rischi e le caratteristiche idriche locali.
Tuttavia, esistono delle azioni deterrenti che possono prevenire gli annegamenti. Tra le più diffuse troviamo l’installazione di barriere, ad esempio le recinzioni e le coperture per piscine, ecc.
Per ridurre i rischi di annegamento nei più piccoli, specialmente tra le mura di casa, basta montare una copertura per la piscina che salvaguardi l’incolumità di bambini e animali domestici. Inoltre, l’insegnamento in età infantile del nuoto di base è importantissimo per la sicurezza in acqua.
Ai fini di una prevenzione globale degli annegamenti, è fondamentale sensibilizzare la popolazione con politiche e normative sulla sicurezza in in acqua.
Altro fattore indispensabile per costruire una politica di prevenzione degli annegamenti per alluvioni ed inondazioni è quello di migliorare la gestione e la preparazione della popolazione alle catastrofi. Come? Attraverso una sensibilizzazione riguardo l’uso del territorio, sistemi di allarme che possano avvisare tempestivamente la popolazione e ridurre le morti provocate dalle inondazioni.
Il rapporto Oms del 2014
Negli ultimi mesi del 2014, l’Oms ha pubblicato un intero report dedicato esclusivamente agli annegamenti. Il rapporto evidenziava come l’annegamento fosse stato, finora, trascurato. Si potrebbe fare molto di più per prevenire i casi di annegamento, specialmente mediante dei programmi ben strutturati di salute pubblica. Il rapporto stesso fornisce ai governi le linee guida e i programmi di prevenzione per ridurre efficacemente i casi di annegamento aumentando la sicurezza in acqua.
Con il rapporto dedicato agli annegamenti, l’Oms chiede una maggiore collaborazione tra le agenzie delle Nazioni Unite, i governi, le ONG e le varie istituzioni accademiche per prevenire i troppo diffusi casi di annegamento.