Sono passati più di due anni dal Sisma Centro Italia e tutto, o quasi, è rimasto come allora. A fare due conti è un’inchiesta del Corriere della Sera pubblicata il 19 novembre. Le scosse continuano e l’Ingv ne ha contate più di 92 mila dal 24 agosto del 2016 tra Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo. Ma, fa notare il Corriere, la terra è la sola cosa che si muove, visto che la ricostruzione è praticamente ferma da allora.
Leggi anche: Terremoto Centro Italia: in due anni 93mila scosse
Sisma Centro Italia, i numeri più recenti
Nonostante le abbondanti risorse stanziate, “finora è stato riparato solo lo 0,5% delle case distrutte”. Nel frattempo gli abitanti dei 138 comuni del cratere, in prevalenza anziani, diminuiscono velocemente.
L Protezione civile conta 47.403 persone fuori casa, gli aventi diritto al Cas, ovvero il Contributo di autonoma sistemazione che va dai 200 agli 800 euro a seconda del nucleo familiare, sono 37.755.
Ci sono, poi, altri 1.686 sfollati che a due anni dal terremoto vivono ancora negli alberghi della costa abruzzese e marchigiana, mentre 7.962 persone vivono in 1.800 Sae, ovvero le Soluzioni abitative di emergenza, non senza problemi.
La ricostruzione che non c’è
Ma è sul capitolo ricostruzione che l’inchiesta del Corriere diventa tristemente interessante. “Da agosto del 2016, nelle quattro regioni, sono state effettuate ben 220 mila verifiche dai tecnici della Protezione civile e dei Comuni”. Le case inagibili sono 77 mila, di cui 43 mila soltanto nelle Marche, la maggior parte con danni pesanti.
“Nonostante la prima ordinanza per la ricostruzione delle case con i fondi pubblici sia stata emanata pochi mesi dopo il sisma, i cantieri sono praticamente fermi. Nelle quattro regioni, secondo la relazione presentata a ottobre al Parlamento dal commissario uscente, Paola De Micheli, sono state presentate agli Uffici speciali della ricostruzione circa 7.500 domande di contributo, il 10% di quelle attese. Gran parte di queste pratiche è in attesa di essere esaminata o in istruttoria”.
Altri numeri dello stato dell’arte della ricostruzione: le domande approvate in 2 anni sono appena 1.400, scrive ancora il Corriere, comprese quelle per la delocalizzazione delle attività produttive. I cantieri aperti per le abitazioni sono circa 800, l’1%, mentre le case già sistemate sono 350, ovvero lo 0,5% del totale.
Ma quali sono le cause del ritardo? Ecco quelle individuate dall’inchiesta:
- le modifiche continue e insistenti alla normativa sulla ricostruzione;
- la burocrazia eccessiva per la presentazione delle domande di contributo;
- la carenza di personale negli Uffici speciali per la ricostruzione
Sulla carenza di personale, il Corriere è chiaro: “con queste dotazioni e ai ritmi attuali impiegherebbe alcuni secoli per esaminare tutte le domande attese. A complicare tutto c’è poi il problema delle difformità, presenti in molte case da riparare coi fondi pubblici. La sanatoria contenuta nel decreto Genova, con la deroga alla doppia conformità, dovrebbe risolvere almeno questo problema”.
Leggi anche: Sanatoria terremoto, condonati i mini abusi con il Decreto Genova
Quanto ci è costato il terremoto
Fino a oggi per il Sisma Centro Italia sono stati spesi 2 miliardi su 15. Lo stanziamento per la ricostruzione privata, gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti, stanziato dalla Legge di Bilancio del 2017, vale 13 miliardi di euro, di cui sono stati spesi soltanto 293 milioni di euro.
La ricostruzione pubblica è altrettanto lenta: per il triennio 2017-2019 avevamo 1,9 miliardi di euro che non sono stati ancora spesi completamente.
“Tra ricostruzione pubblica e privata, dunque, ci sono 15 miliardi di euro di fondi pubblici a disposizione, anche se finora ne sono stati spesi appena un paio. Ciò nonostante, le risorse nel cratere arrivano col contagocce. Il pagamento del Cas, ad esempio, è in arretrato da agosto. Molti comuni non rendicontano i fondi e a Roma hanno chiuso il rubinetto, riaprendolo solo parzialmente poche settimane fa”.