Decreto Dignità. È questo il nome del provvedimento legislativo che tanto sta facendo discutere. Il principale argomento di dibattito è l’introduzione del totale divieto di pubblicità riguardante il gioco d’azzardo.
Una mossa che ha colpito tutte i principali e più importanti marchi operanti nel settore, ma anche chi con questo mondo aveva rapporti di sponsorizzazione, partnership e collaborazione.
L’obiettivo del Governo sembra essere principalmente quello di prevenire, contrastare e sconfiggere la ludopatia con qualsiasi mezzo e strumento possibile, anche quelli più drastici.
A volte però il proibizionismo può essere una vera e propria arma a doppio taglio. Questo finisce per collegarsi e legarsi con il fatto che la pubblicità è l’unica modalità di distinzione tra chi opera nella legalità e chi invece non lo fa, sguazzando nel mare del gioco illegale.
Si è scatenata quindi una vera e propria discussione tra i sostenitori del Decreto Dignità e coloro che invece lo ritengono una misura errata e controproducente.
“Non ha senso ipotizzare che i giocatori compulsivi continueranno a giocare, o, ancora peggio, si potrebbero rivolgere a siti illegali. Se avviene senza pubblicità, significa che può accadere anche con la pubblicità. Il decreto però non si rivolge solo a chi è affetto da ludopatia, ma ha il fine di prevenire quest’ultima, evitando che altri soggetti ne diventino vittima. Chi si rivolge a siti illegali lo fa perché li cerca, non certo perché non trova più la pubblicità di quelli legali”, è questo il pensiero di Ilaria dal Zovo, portavoce del Movimento Cinque Stelle nel Consiglio regionale del Friuli Venezia-Giulia, in un’intervista rilasciata a Gioco News.
Insomma, quello messo in atto dall’esponente pentastellata sembra un vero e proprio tentativo di smentire e di ribattere all’accusa che il decreto spinga paradossalmente verso l’illegalità.
C’è però chi, come detto, contesta il contenuto del provvedimento dell’esecutivo.
“Serve una campagna capillare di informazione sui rischi e sulle dipendenze in generale, partendo soprattutto dalla scuola. Il giocatore compulsivo è un malato e come tale va trattato, utilizzando interventi psicologici e dissuasivi nel comportamento. Non penso che il divieto di pubblicità sia una misura efficace”: questo è quanto dichiarato da Marika Cassimatis, presidente dell’associazione Progetto Genova.
Dunque, le posizioni sono a dir poco contrastanti e il dibattito appare ben lontano dall’essere chiuso.
Ma quali sono i numeri della ludopatia in Italia? Secondo i dati relativi all’anno 2018, analizzati da Slot Palace, su 1.000 interviste telefoniche e 600 formulari somministrati a chi gioca online, solo il 41% di italiani tra 18 e 75 anni possono essere considerati “consumatori di gioco”.
Di questo 41% il 23% sono giocatori sporadici, il 9% occasionali, il 6% più o meno habitué, giocando circa una volta a settimana, il 3.3% gioca ogni giorno. Quindi soltanto lo 0,8% ha problemi di dipendenza. A preoccupare di più è l’illegalità, che sembra a dir poco dilagare.
Un aspetto di cui non si può non tenere conto e che non è però legato alla pubblicità e al suo divieto imposto dal Governo.