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Il 27,28 e 29 marzo il cinema si è tinto di poesia animata con La tartaruga rossa. Il film è diventato famoso ancor prima di uscire nelle sale perché è prodotto dallo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata, mentre il regista è olandese.

Proprio lui,  Michael Dudok de Wit è stato contattato dalla casa di produzione giapponese dopo il toccante cortometraggio Father and Daughter, che ha vinto il premio Oscar nel 2001.

Sopravvissuto a una terribile tempesta tropicale con cui inizia il film e bloccato su un’isola deserta, un uomo, di cui non conosciamo pressoché nulla (nome, provenienza, lavoro ecc..) si organizza per non morire.

Sotto lo sguardo bizzarri e talvolta invadenti  di granchi insabbiati esplora l’isola alla ricerca di qualcuno o qualcosa. Favorito da una  vegetazione rigogliosa costruisce una zattera. Purtroppo i suoi innumerevoli tentativi di abbandonare l’isola sono costantemente impediti da una forza sotto marina e misteriosa che lo rovescia in mare.

A intralciarlo è un’enorme tartaruga rossa. Non appena la intravede sulla spiaggia l’uomo, con violenza e rancore si scaglia contro l’animale, per poi rendersi conto dell’insano gesto. Questo suo ripensamento avrà esiti fantastici e misteriosi.

Recensione e Spoiler!!!!

Film complesso e a tratti faticoso (per l’intera durata nessuno parlerà mai, rendendolo a tutti gli effetti una sorta di nuovo film ‘muto’ ma riuscendo ad esprimersi tramite la natura e i suoi suoni) ha però la capacità di farci riflettere pienamente sul ruolo della natura e sul suo rapporto con l’uomo.  L’uomo non colonizza quel territorio sconosciuto e  selvaggio.

Non costruisce nessuna  capanna come avrebbe fatto Robinson Crusoe. Sull’isola tutto resta inviolato, lui è solo di passaggio, una parentesi nella lunga storia che è l’universo.

La tartaruga si tramuta in una donna, con la quale il protagonista vive una bellissima vita insieme a un bambino. Che sia un ‘dono’? offertogli per non rimanere in solitudine. O piuttosto frutto di un’allucinazione costante?  Più difficile e brutale è pensare che sia tutto un sogno.

Ma quale che sia la chiave di lettura del film l’autore si propone molto più semplicemente di regalarci quest’opera che è pura poesia contemplativa. Perché se c’è una cosa che la Tartaruga rossa ci insegna è che si può dire tutto senza usare nemmeno una parola!

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