Nelle Marche l’intensità del fenomeno agromafie nel settore agroindustriale è medio-alto nella provincia di Ancona, ma preoccupa anche l’indice di permeabilità al fenomeno riscontrato nei territorio di Ascoli Piceno e Macerata. E’ quanto emerge dal Rapporto #Agromafie2017 in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, e presentato a Roma alla presenza di Ministri e vertici delle forze dell’ordine e della magistratura.
Il rapporto Agromafie 2017
La graduatoria provinciale dell’intensità del fenomeno dell’agromafia nel settore agroindustriale vede Ancona al 32esimo posto (al primo c’è Reggio Calabria), mentre minore è la presenza nelle altre province Ascoli Piceno, Fermo, Macerata e Pesaro Urbino che si collocano in quest’ordine tra il 61esimo e il 64esimo posto. La classifica, spiega il rapporto, è calcolata sulla base delle risultanze quantitative delle azioni di contrasto specifiche messe in atto dalle diverse Forze dell’ordine per questo particolare aspetto criminale. Inutile sottolineare che da questo punto di vista ha un certo peso la presenza del porto nel capoluogo dorico, possibile crocevia di attività distributive, commerciali e di riciclaggio legata al fenomeno.
Il dato preoccupante
Ma il rapporto, sottolinea Coldiretti, prende in esame anche un altro indice di rischio, quello della permeabilità di un territorio alle agromafie (Ipa), in considerazione di caratteristiche intrinseche alla provincia stessa di ordine sia sociale, sia criminale, sia economico/produttivo. In questo caso, a causa anche della contiguità territoriale con due province “calde” come L’Aquila e Teramo, a preoccupare è la situazione di Macerata e Ascoli, rispettivamente 50esima e 52esima in un elenco che vede al primo posto Foggia, mentre Fermo è 61esima, Ancona 89esima e Pesaro Urbino 93esima.
Un fenomeno da contrastare
A livello nazionale il volume d’affari complessivo annuale dell’agromafia è salito a 21,8 miliardi di euro con un balzo del 30% nell’ultimo anno. Ma Coldiretti ha anche lanciato l’allarme sul caporalato nel piatto, con quasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall’estero non rispetta le normative in materia di tutela dei lavoratori vigenti nel nostro Paese. “Seppure la nostra regione viva una situazione relativamente più tranquilla rispetto ad altre realtà, occorre non abbassare la guardia e continuare a contrastare il fenomeno agromafie a tutti i livelli, dai terreni agricoli alle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, fino alla fase della distribuzione di prodotti che percorrono centinaia e migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale – sottolinea Tommaso Di Sante, presidente di Coldiretti Marche, presente a Roma assieme al direttore Enzo Bottos e ai presidenti delle federazioni provinciali -. E’ per questo che servono la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto. Ma occorre anche vigilare sul sottocosto e sui cibi low cost dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi se non l’illegalità o lo sfruttamento”.